Quando alle scuole superiori mancano cento giorni dalla fine del ciclo scolastico, si organizza un grande ballo, che è uno degli eventi destinati a restare nella memoria: è il Mak P 100. La politica ragiona in modo differente, perché ci si è abituati a festeggiare i primi 100 giorni – oggi 101 -all’inizio dell’attività di governo, per cercare di capire quali sono stati i risultati raggiunti e quali sono le linee di tendenza lungo le quali evolverà l’azione dell’esecutivo.
Giorgia Meloni ha ricevuto ad ottobre 2022 il cambio di testimone da Mario Draghi in un passaggio molto stretto della congiuntura internazionale: con la guerra russo-ucraina ancora in corso il prezzo dell’energia era schizzato fuori controllo, l’inflazione galoppava a due cifre, il tasso di crescita del Pil si stava arrestando.
Le elezioni erano state vinte dalla destra con un carico di promesse particolarmente pesante sotto il profilo dei costi finanziari: le pensioni minime a mille euro, la riforma fiscale per ridurre il carico per i contribuenti, le pressioni corporative delle singole constituency, come i balneari, per mantenere privilegi in contrasto con le regole della concorrenza europea.
In fondo, la fase iniziale del governo si doveva necessariamente svolgere su binari già tracciati; per l’approvazione della legge di stabilità non c’era nemmeno tempo per non ripercorrere l’impostazione già decisa dal governo di Mario Draghi. In un mese è stata approvata la manovra, per larga parte destinata a coprire gli extra-costi energetici nel corso del primo trimestre del 2023.
La parte complementare della legge di stabilità è servita a lanciare segnali identitari ai partiti della maggioranza di governo. Pensioni minime a 600 euro per i settantacinquenni, cessazione del reddito di cittadinanza a partire da luglio dell’anno in corso, previa definizione di una riforma destinata a limitare la possibilità di rifiuto di un lavoro continuando a percepire il reddito.
Sui migranti, dopo qualche schermaglia iniziale, il ministro degli interni, Matteo Piantedosi, ha deciso di puntare i fari della regolazione sulle organizzazioni non governative, imponendo per l’approdo la scelta di un porto lontano dal teatro delle operazioni e vietando dopo il primo intervento ulteriori operazioni di salvataggio. I trafficanti di barconi restano sullo sfondo, il numero degli sbarchi è decisamente superiore rispetto a quello degli anni passati, ma la retorica della battaglia anti-immigrazione resta soddisfatta.
Il governo Meloni, in questi primi cento giorni, ha effettuato uno slalom tra le aspirazioni degli alleati su una serie rilevanti di questioni, sostanzialmente rinviando lo scioglimento dei nodi. Pensiamo all’autonomia differenziata, che costituisce la carta identitaria della Lega, tornata ad essere nord dopo le peripezie nazionali di Matteo Salvini.
Il Ministro delle riforme, Roberto Calderoli, ha cominciato il suo percorso di confronto con la Conferenza delle Regioni: si evidenzia una contrapposizione netta tra soggetti territoriali del Nord, schierati decisamente per una rapida attuazione del federalismo nella sua forma più spinta, mentre invece le istituzioni locali del Mezzogiorno hanno acuito le loro preoccupazioni per il rischio di una perdita ulteriore di centralità e di risorse. Il nodo non è stato sciolto e dovrà essere affrontato nei prossimi mesi: secondo Giorgia, assieme al presidenzialismo.
Anche sulla giustizia si procede per strappi: le dichiarazioni programmatiche del Ministro Carlo Nordio, sono molto decise, non solo in termini di separazione delle carriere tra pubblici ministeri e collegio giudicante, ma anche per la razionalizzazione delle spese per le intercettazioni, fatte salve quelle che riguardano i reati connessi alla mafia ed alla grande criminalità organizzata. Su questo secondo punto Silvio Berlusconi è intervenuto facendo la ola alle dichiarazioni di Nordio. Ma la maggioranza non ha ancora deciso se assestare un colpo netto in questa direzione, oppure se ricorrere alla tecnica Meloni: sedare, rallentare, concordare.
Ecco, questo è forse il punto principale di questi primi 100 giorni: la Premier ha scelto di adottare una postura moderata, che mira a cucire gli strappi ed a lenire le ferite. E’ una inversione ad U rispetto alla cifra politica con la quale Giorgia Meloni ha caratterizzato la sua carriera politica prima di assumere il ruolo di guida del governo della Repubblica.
Soprattutto in politica internazionale questa rotondità di gestione ha guidato i comportamenti di Giorgia Meloni, nelle sedi europee come nel posizionamento sulla guerra, ed anche nella rete di alleanze che sta costituendo per affrontare la crisi energetica ed il riposizionamento delle fonti di approvvigionamento.
Ma forse hanno ragione i ragazzi che organizzano la grande festa del Mak P 100 alla fine del periodo degli studi, e non all’inizio. Scattare un’istantanea sui comportamenti e sulle caratteristiche solo dopo poco più di tre mesi dall’avvio di una esperienza rischia di essere davvero prematuro per poter comprendere traiettorie e caratteristiche di una esperienza di governo. Forse è proprio da ora in avanti che si dovranno dipanare i nodi più delicati, dal cui scioglimento si potrà ricavare un’immagine adeguata a definire la qualità politica di Giorgia.