E’ in atto una vera e propria demolizione della scuola pubblica. Le parole del ministro Valditara circa il finanziamento delle scuole e la differenziazione di retribuzione dei docenti a seconda della regione in cui lavorano sono un segnale molto chiaro ed inequivocabile della graduale ma inesorabile messa in atto della regionalizzazione dell’istruzione, parte importante dell’autonomia differenziata proposta/bandiera della destra ed in particolare della Lega. Ciò significherà, in buona sostanza, creare sistemi scolastici differenziati, basati sulle risorse economiche delle singole Regioni e sulle possibilità di investimenti di privati, ovviamente senza tenere conto dell’unitarietà dell’istruzione pubblica. Il passo successivo quale sarà? Determinare i programmi di studio in sede regionale, assumere i docenti e definirne retribuzioni e possibilità di spostamento da una sede all’altra solo in ambito regionale?
Noi, comuni cittadini, anche non particolarmente esperti del mondo della scuola, ne siamo consapevoli. Lo sono anche sindacati di categoria e partiti dell’opposizione?
Si battaglia, al caldo delle polemiche, sulla questione salariale, visto che i docenti italiani sono al diciottesimo posto nella classifica europea dei salari per gli insegnanti. Ma oltre questo discorso, certamente giusto, vorremmo fare una riflessione generale sull’atteggiamento non solo di questo ministro ma di tutto il governo, ma di tutta la politica, direi, sul valore da attribuire all’istruzione pubblica. Ricordiamo che anche da sinistra attacchi alla scuola pubblica vennero dalla riforma voluta da Renzi la cosiddetta Buona Scuola, incentrata su quel concetto di autonomia che tanto fece e fa discutere e tanti danni e storture ha provocato.
Ma un ragazzo che studia e cresce all’interno della scuola italiana, come la prospetta il ministro Valditara, cosa dovrà aspettarsi?
Semplificando al massimo: se vive al Nord potrà contare su sponsorizzazioni di industrie che investono nella scuola con la speranza fondata di poterne ottenere un bacino di quadri intermedi da utilizzare poi nelle loro strutture. Ricordiamo a tal proposito i famigerati progetti di alternanza scuola /lavoro i PCTO che si sono rivelati un fallimento didattico nonché un pericolo per l’incolumità degli alunni in stage.
Se vive al Sud non potrà contare su nessun intervento esterno per l’endemica mancanza di tessuto produttivo e quindi dovrà sopravvivere in scuole che potranno utilizzare solo contributi statali, poca cosa, capace solo di tamponare emergenze.
Insomma due scuole, due Italie.
Eppure il fiore all’occhiello del nostro Paese sono la sanità e la scuola pubbliche. La formazione dei nostri ragazzi non è un servizio ma un diritto. E questo è un principio indiscutibile: un ragazzo del più sperduto paesino dell’Aspromonte deve avere le stesse possibilità e le stesse opportunità educative di un ragazzo della Bergamasca.
E non parliamo solo di contenuti, bisogna includere nel percorso educativo un complesso di abilità come autocontrollo, gestione dei conflitti, autonomia, riconoscere lo studente nella sua identità, nel suo bagaglio di capacità e nel personale stile di apprendimento; vuol dire dargli autostima rendendolo protagonista del proprio percorso di apprendimento. Questa è la funzione della scuola non quella di essere un’azienda dipendente a sua volta da privati interessati ad altro.
La proposta di Valditara deve naufragare e perché ciò accada dobbiamo tutti riflettere sul capitale che stiamo colpevolmente disperdendo.