Una causa importante di inquinamento idrico sono i nitrati. Ovunque ed in particolare in Campania. Più precisamente i nitrati provenienti da fonti agricole. Per proteggere il territorio da questo tipo di inquinamento, fu a suo tempo assunta in Europa la cosiddetta Direttiva Nitrati (91/676/CEE), che impone di individuare le “Zone vulnerabili” (ZVN). Ogni quattro anni, gli Stati membri devono inviare alla Commissione Europea una specifica relazione contenente i dati di monitoraggio, i programmi di azione e le relative attività di controllo. La competenza è delle Regioni. Il che significa, parlando di monitoraggi e controlli ambientali, Arpac. Infatti, le delibere di Giunta Regionale che hanno delimitato le nuove ZVN sono state assunte in base ai dati di monitoraggio forniti dall’Agenzia.
Va da sé che le regole volte a limitare le fonti di inquinamento non sempre sono indolori, anzi. Svariate aziende agricole ed organizzazioni di settore hanno infatti presentato ricorso ai giudici amministrativi. Troppo penalizzanti le nuove ZVN. Insufficiente l’istruttoria tecnica. Illegittime le delibere regionali. Ma i giudici, prima il Tar Campania e da ultimo il Consiglio di Stato lo scorso 12 gennaio, hanno confermato il lavoro di Regione e Arpac.
Senza entrare troppo nel merito del contenzioso, diamo un’occhiata in estrema sintesi alla sola attività dell’Arpac. A come è stata valutata.
Secondo i ricorrenti, i dati sarebbero obsoleti. Raccolti attraverso tecniche inadeguate. La valutazione di rischio solamente potenziale. Mancherebbe una valutazione di possibili altre fonti di inquinamento. Ne deriverebbe l’inaffidabilità del risultato in ordine all’individuazione delle aree contribuenti alla produzione di nitrati.
Secondo il Tar della Campania, i risultati del monitoraggio 2012/2015 sono stati confermati da quelli 2016/2019. I dati sono relativi ai corpi idrici, superficiali e sotterranei, e ai carichi antropici. L’analisi geostatistica effettuata ha consentito di ricostruire la distribuzione delle concentrazioni medie annue di nitrati in falda. La proposta di perimetrazione delle ZVN ha tenuto conto dei valori limite fissati dalla Direttiva nitrati.
Altro che inaffidabilità del lavoro dell’Arpac. “… il coinvolgimento istruttorio di tale Agenzia è giustificato proprio dalla necessità di avvalersi dell’elevato grado di competenze tecnico- scientifiche di cui la stessa dispone“. Quanto alla lamentata mancata considerazione degli scarichi urbani, l’apposito supplemento di istruttoria ha evidenziato la loro collocazione in aree prevalentemente suburbane e non agricole. E in ogni caso ricadenti nelle zone già designate come vulnerabili ai nitrati di origine agricola.
Secondo il Consiglio di Stato, anche alla luce della relazione istruttoria ministeriale, il nuovo Programma d’azione regionale ben risponde agli impegni assunti con la Commissione europea. “E si è dimostrato che nel caso in esame si era di fronte a evidenze documentate, sulla base di appositi monitoraggi e nel contraddittorio con la Commissione europea, di superamento delle soglie, stabilite dalla pertinente disciplina tecnica, di concentrazione dei nitrati nelle acque, superamento che costituisce di per sé un oggettivo pregiudizio per l’ambiente e per la salute umana“.
Insomma, per farla breve, le misure introdotte risultano essere “adeguatamente istruite e motivate“. La qual cosa non va sottolineata per autoreferenzialità. Ma perché suggerisce che sul nostro territorio, pur con tutti i suoi problemi ambientali, pubblici e privati, opera un’Agenzia che gode di particolare credito. Da parte delle Autorità giudiziarie, non solo inquirenti con le quali Arpac abitualmente collabora, ma anche giudicanti. Dei Ministeri competenti, dell’Ispra, della Regione. Un’Agenzia che, attenzione, avrà certamente i suoi limiti. Che però sembra meritare, ogni giorno di più, l’apertura di una linea di credito anche da parte dei cittadini utenti (in primis) e degli operatori economici.