A settantotto anni è morto Giuseppe Bono, per vent’anni alla guida di Fincantieri. Originario della Calabria, nato a Pizzoni in provincia di Vibo Valentia nel 1944, si era laureato in economia e commercio e, più recentemente, aveva ottenuto una seconda laurea, honoris causa, in ingegneria navale.
Giuseppe Bono, dall’aprile del 2002 fino ad aprile di quest’anno, era stato al vertice di Fincantieri, per vent’anni esatti. Proveniva da Finmeccanica, dove era entrato nel 1993 e dove aveva ricoperto vari ruoli: dal 1997 al 2000 ne era stato il direttore generale e poi per 2 anni amministratore delegato; a lui era succeduto Pierfrancesco Guarguaglini.
Al Nord lo aveva spinto la prematura scomparsa del padre, il fatto di essere l’unico maschio della famiglia e la necessità di continuare ad aiutare i suoi con un lavoro che a Pizzoni mancava. Era una tipica storia di emigrazione intellettuale nell’Italia del boom economico. Per questo destino aveva messo da parte anche la sua vocazione religiosa, che da bambino sembrava destinarlo verso un altro cammino.
Il percorso di vita aveva probabilmente tracciato per lui un’altra rotta, tutta nelle aziende di Stato, se si esclude l’esordio, nel 1963, nella joint venture pubblico-privata Omeca fra Fiat e Finmeccanica. Prima comincia con un corso di addestramento e formazione nell’area amministrativa e del controllo di gestione presso la Fiat-Finmeccanica, per poi entrare in Omeca. Inizia a lavorare a 19 anni, con in tasca inizialmente solo un diploma, convinto che il suo destino sia ormai l’industria. Di giorno in fabbrica, la sera sui libri, fino alla Laurea; nel 1968 entra in Efim.
Prosegue la sua carriera in Finmeccanica, dove arriva ai vertici, prima di essere destinato alla guida di Fincantieri, l’industria nazionale delle costruzioni marittime che galleggiava in una situazione di incertezza e di instabilità. In questo settore Giuseppe Bono realizza il capolavoro manageriale della sua vita.
Nominato amministratore delegato di Fincantieri, Bono riorganizza il business e punta su una doppia linea di produzione, il segmento delle grandi navi del settore dei passeggeri – con il nascente boom delle crociere – e il settore dell’armamento militare marittimo. Riconfermato per sei volte, passa da un ministro e da un governo all’altro senza problemi, facendo parlare i numeri e conquistandosi ogni volta la riconferma.
Di fronte alla grande crisi del 2008, sceglie di difendere gli otto cantieri italiani e alla ripresa riesce a riempirli di commesse. Stringe accordi negli Stati Uniti e in Cina e tenta anche la scalata ai gloriosi Chantiers de l’Atlantique francesi, fermato non solo dal protezionismo transalpino ma anche dai grandi interessi dell’industria marittima che non vede assolutamente di buon occhio un grande player di dimensioni internazionali.
Tanti sono stati i messaggi di cordoglio dalla politica, a cominciare dal primo tweet che ha annunciato la notizia, scritto dal Ministro della Difesa, Guido Crosetto. In una nota il Ministro dell’Economia così ha commentato la morte del grande manager pubblico: “Con grande dispiacere ho appreso la notizia della morte di Giuseppe Bono. Maiora premunt mi aveva scritto appena qualche giorno fa, in un veloce scambio di messaggi. Le sue ultime parole, per quanto mi riguarda: anche in quel motto ho letto ancora una volta tutta la sua passione e amore per l’industria italiana. Una passione che ha coltivato negli anni in maniera concreta fino all’ultima lunghissima esperienza come amministratore delegato in Fincantieri. Un percorso, un modo di agire disinteressato e competente che è di esempio per tutti noi”.
Scompare un boiardo di Stato, per usare una espressione nata per dileggio da chi voleva disprezzare l’economia delle partecipazioni statali, uno dei pilastri che hanno costruito lo sviluppo economico del nostro Paese. Devo ricordare quello che mi disse qualche decennio fa il Presidente di Federmeccanica, Felice Mortillaro: “C’è molta confusione. Le imprese pubbliche sono state una formidabile scuola di management. Anche io ne ho usufruito. Abbiamo poi abbandonato le partecipazioni statali quando la politica ha fatto strame dell’economia”.
Giuseppe Bono, capitano d’industria, ha resistito, nel corso di tanti decenni, ai marosi dell’economia pubblica. Ed ha lasciato in eredità il settore delle costruzioni marittime nazionali in buona salute. Con la capacità di essere ancora competitivo nel contesto internazionale del ventunesimo secolo.