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Nasce il Comitato interministeriale del mare

by Pietro Spirito
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Da svariato tempo, erano molti gli operatori nazionali del settore che reclamavano a gran voce l’istituzione di un Ministero del Mare o almeno, come è stato per lungo tempo in Francia, di un sottosegretariato specifico istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, prima di affermare, anche nel Paese transalpino, la formula del Ministero del Mare nel 2020.

Da quando il Ministero della Marina Mercantile era stato soppresso in Italia nel 1993 ed era diventato una direzione generale del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, il comparto marittimo ha sofferto in modo crescente la perdita della sua centralità istituzionale. A trent’anni di distanza queste richieste di rinnovata identità sono diventate sempre più pressanti. Tale punto, peraltro, era anche nel programma elettorale di Fratelli d’Italia.

Nella formazione del Governo Meloni inizialmente ha visto la luce il Ministero del Mare e del Sud, affidato a Nello Musumeci. Era già una scelta abbastanza singolare, in quanto non esisteva alcuna esperienza governativa in giro per il mondo che metteva assieme l’economia marittima e le politiche meridionalistiche. Tirandola un po’ per i capelli, si sarebbe potuto argomentare che proprio lo sviluppo dei sistemi portuali e marittimi meridionali poteva essere una delle leve per invertire la tendenza alla marginalizzazione delle regioni nel Sud.

Non è comunque servito aguzzare l’ingegno per giustificare l’insolita endiadi ministeriale. Entrambi gli oggetti della costruzione istituzionale, nel breve volgere di qualche settimana, sono diventati comitati interministeriali. Nel caso del Mezzogiorno, è lo stesso presidente del Consiglio dei ministri che ha assunto il coordinamento del comitato.

“È istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri il Comitato interministeriale di coordinamento delle politiche del mare (Cipom), con il compito di assicurare il coordinamento e la definizione degli indirizzi strategici delle politiche del mare”. Questo nuovo Comitato provvederà “alla elaborazione e approvazione del Piano del mare, con cadenza triennale, contenente gli indirizzi strategici in materia di:

  1. a) tutela e valorizzazione della risorsa mare dal punto di vista ecologico, ambientale, logistico, economico;
  2. b) valorizzazione economica del mare con particolare riferimento all’archeologia marittima, al turismo, alle iniziative a favore della pesca e dell’acquacoltura e dello sfruttamento delle risorse energetiche;
  3. c) valorizzazione delle vie del mare e sviluppo del sistema portuale;
  4. d) promozione e coordinamento delle politiche volte al miglioramento la continuità territoriale da e per le isole, al superamento degli svantaggi derivanti dalla condizione insulare e alla valorizzazione delle economie delle isole minori;
  5. e) promozione del sistema-mare nazionale a livello internazionale, in coerenza con le linee di indirizzo strategico in materia di promozione e internazionalizzazione delle imprese italiane;
  6. f) valorizzazione del demanio marittimo, con particolare riferimento alle concessioni balneari”.

Praticamente tutto ciò che riguarda l’azione di governo in materia di porti e trasporto marittimo viene affidato al Comitato Interministeriale”.

Il Comitato interministeriale di coordinamento delle politiche del mare inoltre “monitora l’attuazione del Piano, lo aggiorna annualmente in funzione degli obiettivi conseguiti e delle priorità indicate anche in sede europea e adotta le iniziative idonee a superare eventuali ostacoli e ritardi”.

Nel decreto sulla istituzione dei Ministeri del Governo Meloni si legge infine che “il Presidente del Consiglio dei ministri o un Ministro da lui delegato trasmette alle Camere, entro il 31 maggio di ogni anno, una relazione annuale sullo stato di attuazione del Piano”. In una girandola di cambiamenti di nomi, il Ministero delle Infrastrutture e delle Mobilità Sostenibili torna alla sua vecchia denominazione di Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.

Il presidente di Federagenti, Alessandro Santi, ha plaudito alla decisione di istituire Comitato interministeriale per le politiche del mare con compiti di coordinamento e di definizione degli indirizzi strategici nel settore, nonché di cambiare la denominazione del Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili ritornando al precedente nome di Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. In fondo, in questo Paese basta poco per ottenere consenso quando si dispone del potere. Una verniciata istituzionale, qualche mossa di riassetto e tutto va bene madama la marchesa.

In realtà, si corre il rischio che, avendo perso nel 1993 il Ministero, si perda anche traccia della direzione generale del mare, visto che il baricentro è spostato in un comitato interministeriale specifico, peraltro affiancato da altri due organismi analoghi, uno per il Mezzogiorno ed uno per il Made in Italy.

La percezione che resta in sottofondo riguarda piuttosto una difficile mediazione delle competenze tra i partiti della maggioranza: laddove non è stato possibile trovare un accordo, un bel comitato interministeriale nel quale sono tutti presenti non si nega a nessuno. Che poi si riesca a perseguire una efficacia delle politiche mediante tavoli di coordinamento tra ministeri alla presidenza del Consiglio dei ministri, l’esperienza dei decenni precedenti non lascia molto spazio all’ottimismo.

Le politiche del Mare, ma anche quelle del Mezzogiorno e del Made in Italy, rischiano di restare in alto mare. Quanto al Ministero del Mare e del Sud, restano nelle sue competenze le concessioni demaniali marittime. Si è però mancato di cambiarne il nome, nella più corretta dizione di Ministero dei Balneari. Un tempo, durante la Prima Repubblica, si costruivano governi balneari. Ora li abbiamo declassati al rango ministeriale.