La storia del comunismo attraverso la storia di un piccolo paese del reggiano, Cavriago. 8.000 anime che vivono insieme con l’Unione sovietica tutte le tappe del percorso socialista. Già dal 1887 si costituisce, proprio a Cavriago, il primo Circolo socialista di tutta la provincia di Reggio Emilia. L’acme della loro storia rossa è, però, nel 1919 quando vogliono che si sappia che loro sono d’accordo con il programma del Soviet di Russia. “Applaudiamo il suo capo Lenin per l’instancabile opera che sostiene contro i reazionari sostenitori dell’ex imperialismo, per farla finita con la dominazione borghese e militarista”. Queste poche righe di approvazione di un evento epocale quale la rivoluzione sovietica sono inviate all’Avanti e per un incredibile percorso che il destino ha deciso il giornale arriva sulla scrivania di Lenin che, nel marzo 1919, durante i lavori del Comitato esecutivo centrale del Soviet di Mosca che ha all’ordine del giorno la fondazione dell’Internazionale comunista commenta: se persino una sconosciuta cittadina, non rintracciabile sulla carta geografica, comprende il programma dei sovietisti vuol dire che le masse italiane sono già pronte al grande passo. E questa è storia, non fantastoria. Da questo momento in poi la vicenda di Cavriago sarà legata a quella della madre Russia. Il libro è un omaggio a un popolo di Cavriago in particolare ma emiliano in generale, che ha creato un legame speciale con il comunismo vivendone i fasti e la caduta, subendone le conseguenze in prima persona, durante le persecuzioni fasciste, e affrontandone i cambiamenti con l’animo sempre rivolto ai padri fondatori. Non a caso nella piazza del paese vi è l’unico busto in Italia in onore di Lenin, fuso nella fabbrica di treni di Lugansk.
Cavriago con la sua incredibile storia rappresenta la storia di un’utopia che si fa carne e sangue negli abitanti del paese che non cedono, che vogliono lottare per il trionfo di un ideale. Ovviamente sappiamo che ciò non avverrà, che la storia del ‘900 ha segnato la fine dei grandi ideali, dei lanternoni per usare un termine pirandelliano. Zamboni, per altro musicista che con i CCCP-CSI rivoluzionò il punk-rock, ha raccontato l’epica di un mondo scomparso, l’epica della memoria di un popolo per il quale la bandiera rossa la trionferà in un futuro possibile tra gli infiniti futuri possibili. La sua vicenda personale irrompe poi, a metà libro, nella grande storia del paese e vi si innerva, si iscrive alla FIGC, pur provenendo da una famiglia di destra, vive la crisi e la fine del PCI.
Raccontando Cavriago l’autore ha scelto un registro linguistico tra l’empatia con i numerosi personaggi del paese e l’ironia della presa di distanza dai fatti storici, soprattutto alla luce di una speranza che non deve mai crollare nel futuro, perché la trionferà. Capodanno 1991: “Basta con i pensieri, ce l’abbiamo fatta, siamo nell’anno nuovo […] io sono con una ragazza, brindiamo, i fuochi scoppiano, ci baciamo, siamo sposati da febbraio, io sono disoccupato, lei è incinta, il comunismo è finito, qualcosa ci inventeremo”.
E pensare che Cavriago la conoscevamo per aver dato i natali ad Orietta Berti, l’usignolo di Cavriago.