Il Governo che si insedierà verso la fine del prossimo mese avrà di fronte a sé un compito sicuramente molto complesso e difficile da affrontare, a partire dalla capacità di non disperdere il patrimonio di credibilità costruito dal Governo Draghi, in particolare in materia di politica economica e di relazioni internazionali.
In questo senso alcune posizioni politico-culturali presenti all’interno della coalizione di centrodestra appaiono particolarmente critiche – immigrazione, fiscalità, giustizia, diritti civili, sanità, transizione ecologica – per cui c’è da augurarsi che avvengano alcuni, decisi aggiustamenti di tiro.
In questa logica mi avventuro ad avanzare una proposta molto specifica finalizzata a coprire un vuoto che da tempo lascia aperto un problema che non è possibile eludere, pena le gravi conseguenze che il Paese è costretto a subire.
Mi riferisco alla politica per le aree urbane – dalle grandi città ai centri minori, dalle aree metropolitane agli insediamenti estensivi – che continua a basarsi su competenze sparse tra diversi ministeri e tra operatori che agiscono in completa autonomia (Ferrovie dello Stato, ANAS, CdP e simili) il che non può che produrre effetti come i disastri ambientali, il degrado delle periferie, la mancanza di sicurezza e decoro, l’inquinamento dell’aria e dell’acqua, la mobilità insostenibile, a cui assistiamo quotidianamente.
Un esempio eclatante lo hanno dato i recenti, drammatici eventi verificatisi in alcune zone delle Marche che, al contrario di quello che spesso si sente, non sono addebitabili semplicemente ad eventi climatici eccezionali, perché questo significa non capire quali sono le reali cause di questi eventi come degli innumerevoli simili che li hanno preceduti.
E’ certamente vero che i cambiamenti climatici in corso – a cui solo gli ottusi continuano a non credere – stanno determinando fenomeni di portata e intensità finora mai visti, ma il nodo è che l’evento eccezionale crea danni (e vittime) perché insiste su territori interessati da processi di urbanizzazione attuati modificando radicalmente il normale funzionamento dell’ambiente naturale.
La modifica dei percorsi fluviali, il tombamento dei torrenti, l’edificazione nelle aree di esondazione o di soggezione alle frane, il massiccio consumo di suolo e la mancanza di opere di manutenzione, per citare solo alcuni degli aspetti più frequenti della malaurbanizzazione, creano condizioni di aberrazione ambientale nei confronti delle quali la natura – presto o tardi, ma inevitabilmente – reagisce nella direzione di ricostituire la condizione preesistente.
Per dirla in termini perentori non esistono i disastri ambientali, esistono i disastri causati da una urbanizzazione sbagliata.
Poi vi è un altro versante della questione urbana sul quale occorre intervenire in modo netto, quello della politica urbanistica a livello locale, che va sottratta alla logica dominante da ormai sessanta anni a questa parte: quella della rendita fondiaria e della speculazione edilizia. Le nostre città sono cresciute – per lo più legalmente al riparo di compiacenti Piani Regolatori – rispondendo agli interessi della rendita e del profitto anziché all’unico interesse che l’urbanistica dovrebbe avere: garantire la qualità di vita dei cittadini.
Le periferie degradate, i centri storici abbandonati, la mobilità insostenibile, l’invasione dei rifiuti, l’abusivismo edilizio, sono tutti figli di quel modo di costruire le città, di quella urbanistica malata sulla quale bisogna assolutamente intervenire.
Per affrontare questi problemi è necessario partire dal ricomporre la frammentazione delle competenze istituzionali – Stato, Regioni, Province, Comuni – e dal regolare i comportamenti degli operatori settoriali, costruendo un riferimento unico di coordinamento, elaborazione e decisione per le azioni che verranno svolte da soggetti diversi in luoghi e tempi diversi.
La proposta, per venire al punto, è la costituzione di un “Ministero delle Aree Urbane”, che per assonanza richiama il “Dipartimento per lo sviluppo delle economia territoriali e delle aree urbane” istituito presso la Presidenza del Consiglio nel 1987 e, in varie forme, in vigore fino al 2001.
Ma, diversamente da quello che era orientato prioritariamente sulle questioni di sviluppo economico, il MAE dovrebbe essere dedicato strettamente a problemi di natura urbanistica e di governo del territorio, a partire da una proposta di “Legge Urbanistica Nazionale” e dalla connessa revisione delle modifiche introdotte in materia dalla riforma dell’art.5 della Costituzione, fino all’affermazione della centralità della rigenerazione urbana applicata all’enorme patrimonio dismesso esistente nel Paese.
Ovviamente al nuovo Ministero dovrebbe essere affidata in esclusiva la gestione delle misure del PNRR riguardanti le aree urbane, segnatamente tutto il Progetto “Rigenerazione Urbana” della Missione-Componente M5C3 che ha una dotazione di 2,8 miliardi, oltre a molte altre voci pertinenti – periferie urbane, parchi e giardini storici, mobilità dolce, riqualificazione degli edifici – sparse in parti diverse.
Se il nuovo Governo si muoverà in questa direzione garantirà un grande servizio al Paese, se non lo farà le nostre città continueranno a subire le conseguenze dell’assenza di una politica di governo del territorio.