Giovanni Serritelli, 1859
Il Fiume Sarno continuerà ad essere un argomento in primo piano nell’Agenda della Regione Campania fino al 2025, anno che si pone come traguardo temporale della rinascita del fiume. E questa prospettiva ci porta intanto a farne conoscere la storia ai lettori.
Nell’ultimo articolo su queste stesse pagine di Gente e Territorio abbiamo parlato del Polverificio Borbonico di Scafati, ex Istituto per i Tabacchi di Stato. Si tratta di un grande edificio monumentale borbonico di metà Ottocento – in parte demolito e ricostruito a metà Novecento – compresi i dieci ettari dei terreni pertinenti appartenuti da sempre alla provincia di Salerno, ma oggi definitivamente passati nella disponibilità remota del Parco Archeologico di Pompei in una sorta di extraterritorialità.
Dunque, una specie di enclave salernitana assegnata a Napoli, che avrebbe un senso maggiore se ad essa pervenisse il materiale archeologico rinvenuto o scoperto nel territorio dell’Ager Pompeianus.
Un Ager che gli archeologi hanno già in passato più o meno individuato nella sua perimetrazione territoriale antica. E il “più o meno” da noi usato è dovuto soprattutto al tracciato accentuatamente sinuoso e “ballerino” del Sarno, che si meritò nel Medioevo il nome di Dragone, ma già in antico era spesso rappresentato come un serpente.
Il complesso monumentale del Polverificio è anche munito di un muro perimetrale ininterrotto, che presenta un ingresso secondario nel Comune di Pompei e che si snoda per oltre un chilometro, costeggiato a Sud dal Sarno e a Nord dall’ esoscheletro – oggi purtroppo vuoto del corpo d’acqua – del seicentesco Canale Bottaro voluto dai Piccolomini
Il Polverificio fu concepito e realizzato in anni praticamente coevi alla rettifica del corso serpeggiante del fiume Sarno. I lavori furono voluti per motivi strategici da Re Ferdinando II di Borbone con una complessa e ardua operazione idraulico/territoriale, la quale portò il Sarno in un alveo rettilineo costeggiato dalla contigua Via Ripuaria.
A questo evento straordinario – ma reso poco noto dalla damnatio memoriae attuata dai Savoia nei confronti del passato Borbonico del Regno di Napoli – ha dedicato anni della sua lunga e feconda seconda vita di storico e scrittore il grande vecchio degli storici del Comprensorio vesuviano. Ci riferiamo ad Angelo Pesce, geologo giramondo e poliglotta con radici scafatesi. Egli pubblicò nell’ormai lontano 1996 un volume di grandi dimensioni e contenuti, dal titolo “Il Polverificio Borbonico di Scafati” con sottotitolo “E la Rettifica del basso Corso del Sarno”. Il Volume è ormai rarissimo, ma meriterebbe una ristampa, visto che il Polverificio si avvia a nuova vita dopo decenni di rovinoso abbandono.
Dalla prosa dotta di Pesce vogliamo ora saccheggiare una parte del “pezzo” che lui scrive in apertura del “Capitolo 4. La Rettifica del basso Corso del Sarno.” Ecco le sue parole: “La Ripuaria, come dice il nome, è una strada che costeggia una ripa, quella sinistra, o meridionale del Sarno a valle di Scafati. Abbiamo volutamente, almeno in questa circostanza, evitato di parlare di “Fiume Sarno” perché quello che la strada affianca è in realtà un canale artificiale (…) Deviato, sbarrato, arginato, captato, imbrigliato, ripartito, regolato, intubato e sottoposto ad ogni sorta di violenza da parte dell’uomo come poche altre vie d’acqua”.
Bartolo Longo, il fondatore della Pompei nuova, voleva fortemente il Polverificio di Scafati a corredo del territorio della nascente Città. E si attirò anche per questo l’avversione della borghesia laica scafatese, in epoca mussoliniana potente anche nella capitale. Essa si oppose, ottenendo che il Polverificio fosse stralciato dal territorio del nascente Comune di Pompei all’ultimo momento, prima della firma del Decreto di Istituzione del nuovo Comune, ma il dipanarsi della Storia ha dato ancora una volta ragione al Profeta…
Il Polverificio oggi potrebbe diventare un polo museale e verde di livello comprensoriale, stante la sua ubicazione ai margini della conurbazione Napoli-Costa del Vesuvio-Pompei. Un’area che… più conurbata non si può!! Da San Giorgio a Cremano a Pompei e a Castellammare. E oltre, fino a Nocera. E poi ancora oltre e, ormai, fino a Salerno. Un grumo di oltre mezzo milioni di abitanti, compresso e allungato lungo la gloriosa Statale 18, anzi la ex SS N.18, che già fu la borbonica Via Regia delle Calabrie.
Da parte sua, la ex Statale 18 oggi si trova ad avere il proprio doppio funzionale nella asta stradale di via Ripuaria la quale, dritta come un fuso, porta il traffico costiero dal mare torrese-stabiese di Rovigliano a Scafati. Essa poi, con il nome di Via Bonifica si dirige verso il raccordo della Variante 268/bis del Vesuvio e la fettuccia autostradale del tratto Pompei-Salerno e/o Pompei-Napoli, nella zona tra Scafati e Angri.
Questa direttrice, praticamente parallela alla vecchia Statale18, si è formata a pezzi e bocconi, tant’è che in alcune ore del giorno è un inferno di traffico alternativo alla stessa ex Statale 18. Per questo motivo l’asta della via Ripuaria, con l’intera direttrice ad essa connessa, era entrata nel mirino della fattibilità del PNRR. Il potenziamento della direttrice del Ripuaria era stato annunciato più volte dal Ministro Carfagna. Ed era fortemente atteso da chi conosce dinamiche incontrollate della rete cinematica comprensoriale.
Il potenziamento della Via Ripuaria è però scomparso dal gruppo dei progetti finanziati dall’Agenda del CIS Napoli-Vesuvio-Pompei, lasciando spazio a previsioni ambiziose, peraltro anche poco credibili, sul versante vesuviano e a interventi manutentivi o poco più sul versante stabiese.
E ciò, dopo che si è proposto nel 2019 un nuovo PdG-Piano di Gestione UNESCO in variante al PdG già esistente dal 2011 per i Siti UNESCO di “Ercolano Pompei e Torre Annunziata”. Si dà il caso però che il nuovo PdG, quello del 2019 – allargato intanto da tre a nove Comuni e proposto in Variante rispetto a quello vigente dal 2011 – non è stato ancora inserito nel Patrimonio Mondiale dall’attore principale, l’UNESCO, che non lo ha ricevuto. Si tratta di un’ennesima occasione perduta, anzi sprecata, per Pompei.
Quella viva…