Per la nostra proposta di lettura vorrei partire da un fatto di cronaca davvero terribile.
Una bambina di 12 anni è stata ferita al volto e quindi sfregiata dall’ex fidanzatino di 17 anni. La ferita è stata inferta con l’intento di creare un danno permanente e ben visibile perché il solco è profondo e forse il coltello ha indugiato crudelmente nella guancia perché non ci fosse possibilità di dimenticare. Stiamo parlando di bambini/adolescenti che dovrebbero ancora frequentare la scuola. Di genitori che dovrebbero essere presenti nella vita dei loro figli, proteggendoli non solo fisicamente ma soprattutto dall’influenza della cultura camorristica. Il giovane sarebbe legato ad una nota famiglia malavitosa del quartiere Montesanto di Napoli, dove è avvenuto il reato. Non voleva uccidere, dichiara il suo avvocato. Forse l’intento era proprio quello del sanguinoso marchio di proprietà. Sei mia e di nessun altro. Ancora una volta una donna considerata come proprietà riservata, un oggetto privo di desideri e di autonomia, nata solo per servire. Ancora non siamo usciti dal Medioevo più barbaro e poi ci meravigliamo delle spose bambine di cui sentiamo parlare nei paesi lontani, quando in casa nostra non riserviamo un trattamento migliore ad una dodicenne. Ma è un caso isolato, mi si potrebbe rispondere. In realtà non lo è se c’è stato bisogno di una legge. La legge 19 luglio 2019, n. 69 (c.d. Codice Rosso) – recante norme in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere – ha introdotto il reato di «Deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso» che sanziona, con la reclusione da otto a quattordici anni, «chiunque cagiona ad alcuno lesione personale dalla quale derivano la deformazione o lo sfregio permanente del viso […]» (art. 583-quinquies c.p.), apportando significative modifiche rispetto alla disciplina vigente in materia di lesioni personali.
A questo punto cosa leggere, da cosa partire per avere speranza di un cambiamento? Ancora una volta dalle famiglie ed in particolare dalle madri la cui presenza è fondamentale nella formazione dei figli, maschi o femmine che siano. Vi propongo Le mani della madre di Massimo Recalcati.
Di che parla. Ad essere madre si impara. Attraverso esempi letterari, cinematografici, biblici e clinici, questo libro racconta i volti diversi della maternità, mettendo l’accento sulle sue luci e le sue ombre. Spesso l’autore pone noi madri di fronte a situazioni vissute in prima persona, sulla cui interpretazione riesce a coglierci impreparate.
Perché leggerlo. Perché di fronte ai cambiamenti dell’oggi la figura materna deve acquisire una diversa e moderna identità. Non una madre castrante, non una madre narcisista, una madre che sa dare al figlio la propria libertà, abituandolo a riconoscere i giusti dagli ingiusti comportamenti.
Non sono state buone madri quelle dei due minorenni coinvolti nel fatto di sangue cui abbiamo accennato. Donne che ancora vivono in una società patriarcale che nega diritti e impone comportamenti, per giunta malavitosi. Benedette, scrive Rilke, siano le mani della madre. Benedetto il sostegno che offrono alla rugiada e ai giorni della vita. Benedetta la pianta della madre e la sua memoria. (incipit)
E noi che madri siamo?