Il Fiume Sarno ancora una volta protagonista. E, per una volta, in positivo. E’ stato così nella tre giorni chiusasi con il Ciclo integrato delle acque in Campania. Il tema dell’acqua ha impegnato i relatori nell’ultima giornata degli Stati Generali sull’Ambiente, presso la Stazione Marittima di Napoli, nell’ambito del Green Med Symposium promosso da Ecomondo e Ricicla.tv, ove “Med” sta per Mediterranean, tanto per dirla all’inglese.
Al cronista che scrive quest’articolo – boccheggiante ad appena un paio di giorni dall’ingresso dell’Estate, tormentata già da temperature africane – non tocca però, fortunatamente, riportare le notizie e i dati generali emerse dagli interventi di tecnici e politici che si sono avvicendati al microfono. Lo ha fatto già con puntualità questo giornale. La notizia vera è che del fiume Sarno quindi si riparlerà – di nuovo e molto – nei mesi e negli anni a venire.
A questo punto ci domandiamo se il lettore conosca davvero il fiume Sarno, a parte le zaffate puteolenti che avrà inspirato, trovandosi per caso a passargli vicino. Il nostro lettore avrà comunque sentito o letto delle sue periodiche esondazioni con i conseguenti periodici allagamenti di campi e strade. E certamente saputo dell’invece perenne inquinamento, in parte finalmente contrastato negli ultimi anni. Insomma, il fiume Sarno sarà apparso al lettore sicuramente come un grosso problema a carattere regionale. Ma a dimensione nazionale.
Eppure il Sarno fino al Novecento inoltrato non è stato un problema, ma piuttosto una risorsa per il territorio attraversato. Ci tocca quindi doverosamente tracciare la storia del fiume che – pur non essendo affatto il maggiore della Campania ma, addirittura, tra i più brevi d’Italia – attirò già in antico l’attenzione di Virgilio, il più grande tra i Poeti latini. Virgilio nell’Eneide lo ricorda, insieme alle terre che il fiume con le proprie acque feconda. Virgilio, infatti, scrive: “…quae rigat aequora Sarnus”. Ma un altro fatto che merita di essere sottolineato è che il fiume Sarno ha svolto per millenni una funzione di vera e propria frontiera d’acqua. E di Storia e di Culture diverse aggiungiamo noi. Ora vediamo insieme rapidamente perché.
Intanto il Fiume Sarno era il limite orientale verso il mare di quel territorio ferace e fecondo che i Romani chiamarono Campania Felix, dopo averlo conquistato con annessioni successive, come una preda ambita, da possedere ad ogni costo. Il territorio della Campania Felix si estendeva da Capua al Sarno. Lo stesso territorio, più o meno, qualche secolo dopo rimaneva conteso tra i Bizantini che avevano scelto come propria capitale Napoli e i Longobardi che invece avevano scelto Salerno. Ma il Sarno costituiva la frontiera tra quei due mondi tra loro ostili.
Ancora qualche secolo dopo, Napoli – intanto divenuta capitale del Regno del Sud fin dal Millecento – arrivò a essere una città cosmopolita e quindi, nel Millequattrocento, tra le maggiori capitali d’Europa, durante la grande monarchia Aragonese. E fu forse il Sarno a determinare, o almeno accelerare, la rovinosa caduta degli Aragonesi. Il Re don Ferrante d’Aragona, infatti, voleva portare i confini demaniali della Capitale Napoli fin oltre il… fiume Sarno, confine ritenuto inviolabile anche dalla Corona. Fu allora che i Baroni del Regno di Napoli si coalizzarono dando luogo alla famosa “Congiura dei Baroni”. Essa però fu soppressa nel sangue da Re Ferrante nella “Sala dei Baroni” del Maschio Angioino.
In epoca Borbonica la definizione Terra di Lavoro soppiantò la vecchia Campania Felix, ma in ogni Cartografia della “Terra Laboris” il fiume Sarno costituisce il limite inferiore orientale della rappresentazione Cartografica. Un preciso confine naturale, politico e amministrativo dunque.
Nel 1855, Ferdinando II di Borbone delle Due Sicilie, per motivi strategici decise di rendere navigabile il fiume da Scafati fino al mare, per favorire il transito di battelli dal mare torrese/stabiese fino al Polverificio, in pratica un fabbrica di polvere da sparo, che era stata costruita a Scafati. Il Real Polverificio oggi, grazie a fondi del PNRR, si appresta a divenire sede espositiva della collezione dei calchi per Bronzi della “Fonderia Chiurazzi”, la quale è un pezzo di Storia di Napoli e, insieme, di Pompei ed Ercolano. Il progetto di navigabilità voluto da Ferdinando II richiese però la rettifica del corso del basso Sarno – da Scafati al mare – notevolmente tortuoso e “draghiforme”. Il letto del fiume fu quindi “raddrizzato” con la conseguente riduzione del corso dai dodici chilometri iniziali a soli cinque chilometri, fino al mare.
La foce del Sarno è frontistante all’Isolotto di Rovigliano, oggi monumento pietroso, ma in giorni non lontanissimi vivaio di mitili, meta di bagnanti e anche sede di un accogliente Ristorante. Dall’Isolotto di Rovigliano, più noto come “Scoglio” ut sic, partiremo con il prossimo articolo risalendo poi il corso del fiume Sarno, che risulta punteggiato da opere idrauliche, monumenti e insediamenti antichi che scopriremo insieme al Lettore.