Apparentemente in Ucraina si stanno replicando battaglie analoghe a quelle della Seconda guerra mondiale, con i carri armati e gli aerei da combattimento a farla da protagonisti. Non è così, quella in corso è tutta un’altra cosa.
Lasciando da parte l’impiego dei social nella guerra psicologica, pur fondamentali nella vicenda, il conflitto russo-ucraino ha visto entrare sulla scena bellica nuove armi, di una fattispecie tutt’affatto innovativa. In particolare è l’intreccio tra informatica e satelliti che sta condizionando le sorti di tanti scontri sul campo.
Cominciamo con i satelliti, cioè con lo spazio. Ognuno di noi, quando guida e se non conosce la strada, usa i navigatori satellitari, o quanto meno sa cosa essi siano. Il nostro navigatore, connettendosi ad un satellite, è in grado di dirci in tempo reale se dobbiamo andare diritto o svoltare a destra, o a sinistra, ovvero se un tragitto e più o meno trafficato di un altro. In breve, ognuno di noi ha fatto esperienza di quanto gli occhi dei satelliti siano precisi e di come siano efficaci le loro indicazioni.
Noi utilizziamo strumenti commerciali, precisi, ma certamente non tarati per prestazioni professionali a scopo militare. Immaginiamo ora di stare su un campo di battaglia e che dobbiamo lanciare un missile su una postazione nemica. Le informazioni satellitari ci diranno con puntualità millimetrica dove essa è localizzata e noi possiamo quindi dare al navigatore incorporato nella testata del missile le indicazioni esatte sulla localizzazione del bersaglio da colpire.
Ora mettiamoci dall’altra parte. Siamo noi un possibile bersaglio e dobbiamo difenderci. Il nostro satellite ci può dire in tempo reale da dove è partito un missile indirizzato sulla nostra testa, quale tragitto sta tracciando ed i minuti o i secondi che dista da noi. Immediatamente la nostra difesa fa partire un altro missile, che intercetta quello che ci attacca e lo abbatte nell’aria.
Certo, non ci andrà bene cento volte su cento, ma tanti risultati difensivi i due eserciti contendenti in Ucraina li stanno ottenendo grazie alle connessioni satellitari. Tant’è che l’ingegneria bellica ha già trovato i primi accessori capaci di nascondere ai satelliti un missile, o un aereo, o un drone e di mettere fuori gioco le difese avversarie.
Era fantascienza la guerra spaziale di Dune, raccontata da Frank Hubert nel ‘65 e portata sul grande schermo da David Lynch a metà degli anni Ottanta. Lo scrittore americano nel suo romanzo collocava la guerra spaziale nell’undicesimo millennio, è appena iniziato il terzo e ci siamo già. La guerra spaziale è alle porte.
Però le informazioni dei satelliti devono essere lette e comprese dagli uomini che ne fanno uso. Si tratta in realtà di bit, segnali che vanno decrittati e tradotti; esattamente come ci capita in auto quando la voce del navigatore ci dice di prepararci a girare a destra tra cinquecento metri. Ce lo dice in lingua italiana, ma i satelliti non conoscono le lingue. È la cibernetica a fornirci i traduttori simultanei dei segnali satellitari. Ed è proprio grazie ad essa che è stato trovato il modo di ingannare il ricevente del messaggio alterando le informazioni provenienti dai satelliti.
Alle forze terrestri, a quelle marine ed alle aeree, si aggiunge ora una quarta ‘forza armata’, quella della difesa cibernetica e degli hacker, specializzati nel sabotaggio dei sistemi informatici dei nemici. Elon Musk – ci dice l’ottimo Michele Mezza, grande conoscitore in materia – con la sua flotta satellitare forte di diciottomila punti di ripresa dallo spazio capaci di ‘vedere’ e scannerizzare fino all’ultimo millimetro della superficie terrestre, è il vero mattatore in questa nuova guerra.
Quanto fin qui esposto ci induce a chiederci se l’Unione Europea, e in particolare l’Italia, siano attrezzate in Cyber Defence. Lo abbiamo chiesto a più ‘persone informate dei fatti’ e ne abbiamo ricavato delle conclusioni decisamente sconfortanti. Saranno oggetto dei nostri prossimi articoli.