E’ stato presentato, nella sede di Unioncamere a Roma, il libro di Claudio De Vincenti e Amedeo Lepore: “Next Generation Italia: un nuovo Sud a settanta anni dalla Cassa per il Mezzogiorno”, Rubbettino.
Nell’introduzione ai lavori, Andrea Prete, Presidente di Unioncamere, ha ricordato che la Cassa per il Mezzogiorno nei primi sette anni si è interessata di bonificare e di infrastrutturare le aree marginali del Paese. Poi la focalizzazione è passata al tema dello sviluppo agricolo e della industrializzazione. Già negli anni Ottanta lo strumento della Cassa era diventato inviso a parte del Paese. Erano gli anni in cui nasceva anche la Lega. Cominciava il dualismo tra assistiti e produttori. Poi la gestione del post-terremoto fece il resto, con livelli di elargizione ancora maggiori rispetto agli standard della Cassa. Ad un certo punto si è voluto tingere di nero ciò che era stato un volano per la ripresa civile ed economica nel Mezzogiorno.
Giuseppe Tripoli, segretario generale di Unioncamere, ha evidenziato che il meridionalismo ha subito per diversi decenni un’aggressione ideologica ed in qualche modo la Cassa ha rappresentato proprio il cuore centrale. Ma quali sono gli insegnamenti che ci tornano utili oggi dell’esperienza della Cassa per tentare di recuperare quel distacco che si è determinato tra il Mezzogiorno ed il resto del Paese?
Nel suo intervento, Franco Bassanini ha ricordato che ancora una volta è importante rivedere con serietà scientifica le esperienze del passato per inquadrarle correttamente. La torsione assistenzialistica non è la storia della Cassa del Mezzogiorno, ma corrisponde ad una fase degenerativa successiva. Le politiche industriali e le politiche di sviluppo basate su una forte energia centrale tornano ad essere rilevanti per puntare sugli investimenti pubblici e privati. Il ruolo del pubblico è essenziale se è capace di coniugarsi con il mercato. Le strutture manageriali e tecniche di qualità, non sopraffatte dalle ingerenze della politica, svolgono un ruolo centrale. Infine, il quadro nazionale ed europeo diventa indispensabile per il successo delle politiche meridionalistiche. Bisognerà capire quale sarà l’impatto della guerra ucraina sul futuro della geopolitica europea. Nei passati decenni l’Europa ha guardato ad Oriente e certamente non al Mediterraneo. A prima vista l’impatto della guerra dovrebbe condurre a confermare la scelta verso l’Est. Ma non è detto. Possiamo lasciare l’Africa alla Cina ed alla Russia? Il Mezzogiorno potrebbe essere una piattaforma logistica ed industriale verso il sud del mondo?
Simona Camerano, responsabile degli scenari economici della Cassa Depositi e Prestiti, ha sottolineato il carattere straordinario dell’intervento, elemento che sta egualmente alla base della costituzione del PNRR: ingenti risorse utilizzate per promuovere ripresa e costruzione del futuro. Va sottolineata la visione chiara che era nella missione della Cassa: prima infrastrutturazione e poi industrializzazione. La stessa chiarezza di intenti sta nel PNRR. Infine, la programmazione, la progettazione e la realizzazione stanno alla base degli interventi della Cassa, così come del PNRR. Si tratta di produrre risultati concreti. Capacità tecnica ed amministrativa stanno alla base delle competenze necessarie per raggiungere i risultati. Al Mezzogiorno va restituita anche una centralità energetica, per effetto della transizione e della diversificazione degli approvvigionamenti.
Bruno Tabacci, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha sottolineato che il miglior regionalismo lombardo del secondo dopoguerra non ha mai visto in modo antagonistico il Mezzogiorno. Va ricordato che nello stesso periodo nasce la Comunità Economica Europea, dopo la mancata formazione della Comunità Europea di Difesa. Erano anni straordinari, con grandi speranze. La classe dirigente di quel tempo aveva colto il segno dei tempi. Era una fase ricostruttiva di grande forza, un ponte tra il centrismo ed il centrosinistra. Il regionalismo successivo fa prevalere le spinte localistiche e spinge verso un consenso basato sulla spesa pubblica. Poi arriva la crisi dei sub-prime ed il Covid, seguito dalla ripresa di iniziativa dell’Europa, con il PNRR.
L’autonomia della qualità dei progetti rispetto alla politica era completa. La Cassa ignorava la logica della distribuzione dei progetti per logiche politiche. Con l’Istituzione delle Regioni è prevalsa la tendenza alla gestione diretta delle risorse con la finalità del consenso. Il confronto tra la Melinda ed il Tarocco spiega molto: la Val di Non ha costruito cooperazione e sviluppo, mentre le valli siciliane hanno mantenuto frammentazione ed incapacità di integrazione. Nel programma di coesione 2014-2020 i miliardi di euro destinati all’Italia sono stati 47: 11 sono stati impegnati e solo 4,2 spesi.
Nel PNRR le risorse sono strettamente legate alle milestones: non siamo alla replica dei fondi strutturali. Sicurezza ed energia sono le due sfide alle quali l’Europa deve dare risposta per il futuro: le sfide che ci presenta la guerra non possono essere senza risposta, con un rilancio anche della dimensione politica dell’Europa. Il Mezzogiorno non è in posizione di svantaggio, perché c’è da ricostruire le basi dello sviluppo, la parola chiave è transizione. Abbiamo davanti a noi una occasione storica. Prendiamo esempio dalla Cassa per il Mezzogiorno.
Chiara Goretti, coordinatrice della segreteria tecnica del PNRR presso la presidenza del Consiglio, ha sottolineato che occorre avere una logica unitaria dell’intervento nazionale, come è stato per la Cassa e come è per il PNRR. La natura europea del piano favorisce il mantenimento di una matrice comune. La semplificazione ed il coordinamento sono caratteristiche essenziali, che hanno assicurato il successo della Cassa nella sua prima fase e che devono essere determinanti per il PNRR. L’attuazione è una componente determinante in un piano straordinario, con un ruolo centrale assegnato alla tecnica. Una componente fondamentale della moderna pianificazione riguarda l’unitarietà del pacchetto tra riforma ed investimenti. Serve una visione orizzontale del piano, perché i pilastri della modernizzazione normativo e degli investimenti sono inscindibili.
Nel suo intervento, Vito Grassi, vicepresidente di Confindustria, ha sottolineato il ruolo meritorio della Cassa, nella sua prima fase di vita, come agente dello sviluppo industriale. Le sue caratteristiche autonome ne hanno favorito la forza, l’unitarietà, la visione. Le spinte localistiche delle regioni hanno prima frenato e poi arrestato questo modello. Le logiche di verifica intermedia che ha introdotto il PNRR possono consentire di tornare a far valere una qualità tecnica degli interventi nel quadro di obiettivi generali tendenti a ridurre il divario. Immaginare il nuovo Sud è la sfida che ci sta davanti. Servirà ricorrere tempestivamente all’intervento sostitutivo se gli enti territoriali non saranno in grado di rispettare le milestones del PNRR. Bisogna mettersi a rischio, bisogna mettersi in gioco: questa occasione non può essere sprecata dal Mezzogiorno.
Giorgio La Malfa ha ricordato che la Cassa nacque perché gli americani dissero a Giordano, delegato da Menichella a trattare con gli Stati Uniti, che le risorse che venivano assegnate all’Italia dovevano essere affidate in gestione ad una amministrazione indipendente, visto che l’amministrazione ordinaria non era stata in grado di spendere i fondi del piano Marshall. Proprio per questo non si capisce la ragione per la quale non sia stata presa in considerazione l’ipotesi di costituire un organismo straordinario per un programma straordinario quale il PNRR. Un altro errore drammatico che è stato commesso è consistito nel chiedere alle amministrazioni centrali e locali di fornire i progetti, senza una linea guida forte da parte del governo nazionale.
Manca la domanda di fondo: quale Italia vogliamo costruire? Questa riflessione è saltata per la scelta del Governo Conte ed allora la conseguenza è l’assenza di un disegno strategico di fondo. Non si capisce perché si sia poi deciso di affidare i soldi del PNRR a una stessa classe dirigente che ha finora dimostrato di non saper assolutamente spendere. Sarebbe ora importante che tutti gli istituti del Mezzogiorno si possano riunire in uno sforzo unitario per accompagnare il PNRR.
Amedeo Lepore, nel ringraziare gli autori del volume, ha sottolineato che è necessaria una visione non rivendicazionista del Mezzogiorno. Da questo punto di vista la storia economica può fornire il suo contributo per poter guardare al futuro comprendendo il passato. Suscitare interesse e costruire mercato nel Mezzogiorno è un elemento fondamentale: su questo la Cassa ha lavorato intensamente. La prospettiva europea nasce anche nella discussione culturale della Cassa, e di Pasquale Saraceno, nella fase in cui si concentrò sulla industrializzazione. Perfezionare la governance è necessario, ma dobbiamo essere consapevoli della contemporaneità. La costellazione di organismi esistenti (Agenzia di Coesione, Cassa depositi e prestiti) va integrata in una logica unitaria costruendo una Agenzia per lo Sviluppo di fatto.
Nelle sue conclusioni, Claudio De Vincenti ha immediatamente colto la suggestione di Giorgio La Malfa di lavorare per il coordinamento tra gli istituti che si occupano del Mezzogiorno. Si lavorerà in questa direzione. La sorte del PNNR passa per il fatto che gli Italiani debbano tirare fuori il meglio di sé, con le mani e con la testa, per costruire il futuro. Dobbiamo ritrovare il gusto del fare. Bisognerà poi tirare fuori la bellezza del nostro Paese, nelle sue diversità, nella sua ricchezza, nel suo mosaico che compone l’unità.