Fin dalle sue origini – circa cinquemila anni fa in Mesopotamia – la storia delle città si è intrecciata con quella delle loro distruzioni. Spesso per eventi naturali catastrofici, ma il più delle volte a causa del terribile male che affligge da sempre l’umanità: la guerra.
L’elenco di queste distruzioni è talmente lungo che è impossibile solo scalfirlo, ma ricordando alcuni tra gli episodi più eclatanti che si sono verificati dall’antichità ai nostri giorni si ha la misura di quanti e quali scempi porti con sé questo male: in termini di vittime, di cui non sta a me parlare in questa sede, ma anche in termini di devastazioni dei luoghi di vita, che richiamo in breve come memento per le drammatiche vicende alle quali stiamo oggi assistendo.
A cominciare da Uruk – la prima città della storia, patria del mitico Gilgameš che ne costruì le possenti mura, semidistrutta intorno al 2000 a.C.; passando poi a Cartagine, fondata dai Fenici nell’814 a.C. e distrutta dai romani nel 146 a.C. al motto di “Carthago delenda est”; a Costantinopoli, la “Nova Roma” voluta dall’Imperatore Costantino nel 330 d.C., distrutta dagli ottomani di Maometto II nel 1453; a Roma, la capitale del più grande impero mai esistito, devastata a più riprese nei secoli: dai Galli di Brenno nel 390 a.C., dai Visigoti di Alarico nel 410, dai Vandali di Genserico nel 455, dai Saraceni nell’846, dai Normanni di Roberto il Guiscardo nel 1084, dai Lanzichenecchi di Carlo V nel 1527.
Peraltro, se di queste distruzioni avvenute nell’antichità abbiamo solo i racconti degli storici dell’epoca e qualche traccia archeologica, di ben altra portata sono le testimonianze delle città distrutte dalle guerre in epoca moderna, di cui abbiamo dovizia di riprese fotografiche e oggi addirittura immagini in diretta.
- Il 26 aprile 1937 i bombardamenti a tappeto congiunti tra l’aviazione tedesca e quella italiana distruggono la cittadina di Guernica, fissata per sempre nel celebre quadro di Picasso.
- A partire dal settembre 1940, otto mesi di bombardamenti su Londra da parte della Luftwaffe causano la distruzione di oltre un milione di edifici; nel novembre successivo i bombardamenti a tappeto su Coventry distruggono completamente la città facendo coniare il terribile termine “coventrizzare”.
- Tra luglio del 1942 e febbraio 1943 i bombardamenti della Luftwaffe devastano la città di Stalingrado difesa dall’Armata Rossa.
- Tra agosto e ottobre del 1944 le truppe tedesche radono al suolo Varsavia di cui, per ordine di Hitler, non doveva “restare pietra su pietra”.
- Nel febbraio del 1945 la “tempesta di fuoco” scatenata dai bombardamenti aerei degli anglo-statunitensi rade al suolo la città di Dresda, che poi sottoscriverà un gemellaggio con Coventry.
- Il 6 e il 9 agosto del 1945 i bombardieri degli Stati Uniti sganciano due bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki radendole al suolo.
- L’intervento armato degli Stati Uniti dal 1959 al 1975 causa la devastazione di intere città e villaggi in Vietnam.
- Tra aprile 1992 e febbraio 1996, Sarajevo viene distrutta nel corso dei combattimenti tra serbi e bosniaci.
- Tra dicembre 1994 e marzo 1995 l’aviazione russa bombarda indistintamente ogni tipo di edificio distruggendo Groznyj, la capitale della Cecenia; passerà alla storia come “tecnica Groznyj”.
- Dal 2008 l’esercito israeliano bombarda sistematicamente la striscia palestinese di Gaza causando la devastazioni della città.
- Tra luglio 2012 e dicembre 2016, durante la cosiddetta “Battaglia di Aleppo”, il Gen. Dvornikov usa la famigerata “tecnica Groznyj” per distruggere la città.
Con questo drammatico retaggio alle spalle, il 24 febbraio 2022 l’esercito della Federazione Russa invade l’Ucraina e inizia a bombardare piccole e grandi città facendo scempio di tutto: case, mercati, fabbriche, ospedali, chiese, scuole, cimiteri. La maggior parte delle vittime sono tra la popolazione civile ed emergono episodi indicibili di uccisioni e violenze efferate: a Bucha, a Kramatorsk, a Makariv e altrove.
Come ho detto non sta a me entrare qui nel merito di questo aspetto, se non per esprimere dolore e sdegno di fronte a tanta brutalità. Provo, invece, a raccontare brevemente due storie di distruzione di città di questi giorni: a Mariupol, già avvenuta e a Odessa appena iniziata.
Mariupol nasce intorno al 1778 come piccolo centro peschereccio ad opera dei Greci provenienti dalla vicina Crimea, ma acquista presto importanza in quanto il porto situato nella costa settentrionale del Mar d’Azov consente l’esportazione via mare del carbone proveniente dal Donbas. Poi nel tempo quel porto diventa un nodo cruciale del commercio dei cereali e dei prodotti delle industrie che nel tempo si sono affermate: minerarie, siderurgiche, metalmeccaniche, dell’acciaio.
Una città di circa 430.000 abitanti, con alcune pregevoli architetture: il Teatro di arte drammatica, costruito nel 1878 in stile neoclassico e ristrutturato nel 1960; la Cattedrale di San Nicola; la Torre Vecchia, costruita nel 1910 come serbatoio di acqua, poi torre di osservazione dei vigili del fuoco, infine biblioteca, sala mostre e concerti.
Tutti edifici distrutti, così come il resto della città che un cronista del Wall Street Journal ha definito “una rovina carbonizzata dai bombardamenti russi”.
Odessa ha una storia di più alto rango, a partire dalla fondazione nel 1794 nell’ambito dell’Impero Russo e presto divenuta non solo importante nodo commerciale, ma città cosmopolita allo snodo tra Europa e Asia. Anche per questo è stata a lungo teatro di violenti scontri tra Paesi ed etnie diverse, il cui culmine si è avuto con il “massacro di Odessa” perpetrato nel 1941 dalle forze di occupazione rumene e tedesche, soprattutto a danno della popolazione ebraica.
Una grande città di circa un milione di abitanti, caratterizzata dalla presenza di numerose testimonianze dell’architettura neoclassica italiana, dovuta al ruolo svolto per quaranta anni da Francesco Boffo come architetto-capo di Odessa.
Tra le molte opere da lui realizzate la Scalinata Potëmkin (1837-1841) famosa per la scena madre del film “La corazzata Potëmkin” che ripercorre la vicenda della rivolta operaia del 1905, il Municipio realizzato tra il 1829 e il 1837 e il Museo d’Arte che ha sede nell’ottocentesco Palazzo Potocki (1805-1810).
Tra le altre opere di pregevole fattura il Museo d’Arte Occidentale e Orientale, che ha sede nell’edificio costruito nel 1856 su progetto dell’arch. Ottone; il Teatro Nazionale, ricostruito nel 1887 dallo studio di architettura Fellner&Helmer in stile barocco-viennese; il Museo Archeologico cha ha sede in un edificio costruito nel 1883 su progetto dell’arch. Gasiorowski.
Tutto questo patrimonio – e la città nel suo insieme – è oggi esposto alla furia distruttrice che caratterizza “l’operazione speciale” (l’ulteriore vergogna di rifiutarsi di chiamarla guerra) messa in moto dalla Russia a danno dell’Ucraina.
Come ho scritto nel presentare l’avvio di Polis, ci sarà un giorno – anche se non sappiamo quando – in cui questa ennesima infamia sarà finita e allora gli ucraini sopravvissuti, oltre a piangere i loro morti, si disporranno a ricostruire le loro città distrutte da quel male che da sempre attanaglia l’umanità: la guerra.
A loro è dedicato il primo numero di Polis.