Ci si può difendere da un’aggressione armata a mani nude? Ovvio che no. Va bene porgere l’altra guancia, amare il proprio nemico e finanche pregare per lui, tutto quello che si vuole, ma il diritto alla legittima difesa è riconosciuto anche nei testi canonici.
La costituzione conciliare Gaudium et Spes rimarcava come, ‘fintantoché esisterà il pericolo della guerra e non ci sarà un’autorità internazionale competente, munita di forze efficaci, una volta esaurite tutte le possibilità di un pacifico accomodamento, non si potrà negare ai governi il diritto di una legittima difesa’ [sottolineatura mia].
Lo ha ribadito di recente il cardinale Pietro Parolin con riferimento alla guerra russo-ucraina: “L’Ucraina ha il diritto a difendere la propria vita, il proprio popolo e il Paese – ha dichiarato l’alto prelato – pur se la priorità è la ricerca di una soluzione negoziata, che metta a tacere le armi ed eviti un’escalation nucleare”.
Parole inequivoche. Eppure il Santo Padre, in relazione al dibattito italiano sull’aumento della spesa in armamenti del nostro Paese, fino a portarla al 2% del Pil, l’ha definita ‘una pazzia’. Certo, una cosa è il diritto alla legittima difesa armata, un’altra è l’autodotazione di mezzi militari sovrabbondanti. Non c’è dunque contraddizione tra le parole del Pontefice e la consolidata dottrina della Chiesa, ci mancherebbe. Però, inutile girarci attorno, le affermazioni del Pontefice qualche problema alla coscienza dei cattolici lo pongono. Entriamo nel merito.
Il 2% del Pil italiano in armamenti è ridondante, esagerato o indispensabile per la nostra difesa?
Qui occorre fare una preliminare considerazione geo-politica. Dal dopoguerra ad oggi noi, nazione sconfitta, per un verso siamo stati impediti a riarmarci in autonomia, per altro verso abbiamo goduto della difesa garantitaci dalla NATO, cioè dagli USA che in essa detengono la leadership. Sotto il suo ombrello siamo stati e siamo più che protetti, ma anche privi di autonomia decisionale. Per fare un banale esempio, le nostre Forze Armate, ingolfate di truppe di terra, non dispongono di armamenti strategici tipo droni armati, satelliti di sorveglianza e di comunicazioni, Patriot ed altri mezzi, né di assetti in gergo militare detti ‘capacitativi’, atti cioè a dotarci di una efficace capacità difensiva balistica. Se – Dio non voglia – fossimo attaccati dal cielo, magari con missili, non avremmo i mezzi indispensabili per difenderci.
Quel due per cento del Pil destinato alla dotazione di armi è dunque una spesa ridondante? Sì, se vogliamo e possiamo continuare ad libitum a basarci sulla protezione degli USA. No, se gli USA si dovessero gradualmente defilare, oppure se fossimo noi a volerci emancipare dalla sudditanza ad essi.
I sondaggi più recenti, proprio di queste ore, sul gradimento dei cittadini statunitensi nei confronti del loro presidente, registrano un Joe Biden in continuo calo, nonostante la sua determinazione riguardo all’Ucraina ed il suo rilancio dei valori fondanti della democrazia occidentale. Per contro la popolarità del suo predecessore Donald Trump continua a salire. L’orizzonte geo-politico di Trump è noto: First America e che tutto il resto vada alla malora! I cittadini USA stanno ancora maggioritariamente con lui, oggi più di ieri. La maggioranza del popolo americano è stanca di farsi carico del ruolo di gendarme del mondo; per essa l’Europa è un ingombro ed un fastidioso concorrente, non un valore da difendere.
Durante la sua presidenza, Trump cercò e trovò l’intesa con Putin per smembrare l’Unione Europea. Istigò gli inglesi alla Brexit, finanziò senza pudore ogni sovranismo antiunionista e ingaggiò con Putin una competizione a chi comprava più politici europei. Quanto alla NATO chiarì senza giri di parole, com’è nel suo stile, che gli USA non erano intenzionati a metterci più soldi ed uomini. Se i partner avessero voluto mantenere l’alleanza militare e magari potenziarla, avrebbero dovuto metterci di proprio soldi e uomini.
Il Covid ha poi determinato la fine temporanea della sua occupazione della Casa Bianca, ma non ha cambiato l’orientamento maggioritario tra i cittadini americani. Prima o poi – sarà lo stesso Trump o un suo epigono – gli USA torneranno ad arroccarsi in se stessi, o tutt’al più guarderanno solo ed unilateralmente in direzione del Pacifico. Tocca a noi europei decidere se vogliamo dotarci di mezzi militari idonei alla difesa dei nostri confini ed alla deterrenza verso eventuali aggressioni, ovvero se vogliamo esporci al rischio. Ai nostri confini i Balcani riprendono a surriscaldarsi, il Medio Oriente non si è mai acquietato, la Libia ospita già presidi militari russi e turchi, chi può giurare sulla nostra intangibilità?
Se vogliamo difendere le nostre famiglie e la nostra terra e scongiurare le minacce, non abbiamo altra scelta che stringerci sempre più all’UE e, all’unisono con essa, rafforzare il nostro ruolo nella NATO. Ovviamente questo significa perdere un po’ di sovranità nazionale e rivedere la pianificazione militare in senso sinergico su scala europea, a cominciare dall’obbligo di onorare gli impegni presi già nel 2006 e nel 2014, tra cui quello preso con la NATO di portare al 2% la nostra spesa militare. È appena il caso di aggiungere che una reale sinergia su scala europea potrebbe addirittura comportare una riduzione della spesa; sono tanti infatti i ‘doppioni’ di cui dispongono le FFAA dei vari Stati europei, mentre a tutte mancano alcuni mezzi all’altezza dei tempi attuali. Ma rinunciare ‘a prescindere’ a dotarci di mezzi militari adeguati significa decidere di restare indifesi, o in balia degli umori del Presidente di turno degli USA.
Dunque, il monito del Papa per il quale spendere il 2% del Pil in armamenti è una pazzia in astratto non è condivisibile, va valutato nel contesto delle esigenze della difesa europea. La vera pazzia però – da cattolico e credente lo dico con dolore e smarrimento – è pensare ad una riduzione delle spese per armamenti al di fuori di un contesto di reciprocità internazionale.
La posizione categorica del Santo Padre, Vicario di Cristo, inquieta dunque la coscienza cattolica. ‘Che cosa voglion dire gli occhi tristi? – cantava Ivan Della Mea ricordando il ‘53, quando bambino, mano nella mano alla mamma che si recava a votare, le chiese perché fosse triste – Io son di chiesa e voto i socialisti!’ fu la risposta della mamma.