Ieri sera si è svolto a Giugliano un dibattito sulla gestione dei rifiuti nel territorio che è stato investito dalle polemiche più roventi sulla Terra dei Fuochi. È stato organizzato da Sipes, un’associazione culturale che prova a stimolare la discussione culturale su temi di attualità. Non è facile ragionare con pacatezza su questioni che animano polemiche e confronto spesso basati sul pregiudizio ideologico. Proviamo allora a riportare qualche elemento di ragionamento estraneo alle polemiche locali.
L’economia ci insegna che spesso siamo chiamati a scegliere tra alternative che non determinano risultati positivi: nel linguaggio tecnico si chiamano trade-off. La polarità tra inflazione e disoccupazione richiede di trovare un equilibrio ottimale, in una determinata società ed in un determinato periodo storico. Lo stesso tema si presenta nell’alternativa tra energia fossile ed energie alternative, che si basano in particolare sull’uso del litio per l’elettrificazione dei processi di consumo. Per questo serve estrarre maggiore quantità di litio, per un consumo che nel 2025 è stimato in 700.000 tonnellate annue.
Occorre dunque aprire nuove miniere, ma in molti casi l’opposizione delle popolazioni locali sta impedendo l’aumento della produzione: in Nevada (USA), Montalegre (Portogallo), Estremadura (Spagna) Novi Sadr (Serbia) si moltiplicano le manifestazioni contrarie all’apertura di nuove miniere. Se prevalessero tali proteste, molto difficilmente potrebbe essere possibile la transizione energetica. Basta esserne consapevoli: viviamo in una società complessa, in cui una decisione locale incide sull’equilibrio globale.
Vale lo stesso ragionamento per la gestione dei rifiuti, che richiede il governo del ciclo integrato in tutte le fasi: raccolta, trasporto, trattamento, riutilizzo. Il cerchio non si chiude se tutti i tasselli non sono coerentemente organizzati. Un anello molto delicato è rappresentato dalla raccolta differenziata, che può consentire da un lato di evitare la gestione dei rifiuti indifferenziati, certamente più onerosa, e dall’altro di poter attivare la disponibilità delle materie prime seconde, che generano anche valore dentro un concetto di economia circolare.
La Campania è solo sedicesima tra le regioni italiane per raccolta differenziata. Da quasi quattro decenni, il ciclo dei rifiuti non si chiude in equilibrio. Come è noto, molte tensioni si sono generate nel passato ed ancora oggi la situazione è ben lungi dall’essere risolta. Per assenza di un ciclo integrato, la Campania è stata condannata dalla Unione Europea nel 2015 al pagamento di una multa che vale 120.000 euro al giorno. Sinora lo Stato italiano ha sborsato 239 milioni di euro ed il contatore continua a scorrere, giorno dopo giorno, inesorabilmente. La raccolta differenziata è intanto arrivata in Campania al 53%, ma l’obiettivo minimo da raggiungere è pari al 65%. Vanno inoltre ancora costruiti altri 15 impianti di compostaggio. Il target di raccolta differenziata e la costruzione degli impianti che mancano sono i due tasselli indispensabili per far cessare il contatore della multa comunitaria.
Non è stata inoltre ancora raggiunta l’autosufficienza regionale. La produzione annua di rifiuti in Campania è pari a 2,6 milioni di tonnellate; l’inceneritore di Acerra ne smaltisce 700.000. Una quota ancora rilevante dei rifiuti campani viene esportata: solo in Lombardia vanno 105mila tonnellate, all’estero 158mila. Il costo per abitante del ciclo dei rifiuti è in Campania il quinto più alto in Italia, pari a 203 euro per abitante, mentre il mancato incasso della tassa dei rifiuti è pari a 63 euro per abitante in Campania, il terzo più alto in Italia.
Nella discussione pubblica si dice spesso che gli impianti per la gestione del ciclo dei rifiuti possono essere un rischio per la salute dei cittadini. Un recente rapporto sul tema, pubblicato dall’associazione italiana di epidemiologia, spiega che i rischi per la salute sono legati a discariche illegali, impianti obsoleti, siti in abbandono, combustioni incontrollate. Le discariche controllate, invece, non comportano un rischio per la salute e per l’ambiente. Inoltre, la concentrazione di sostanze tossiche nelle emissioni dei nuovi impianti è molto bassa e comunque non dannosa per la salute.
Insomma, è la gestione illegale, o la non gestione, che rappresenta il vero rischio per l’ambiente e la salute dei cittadini. In quelle pieghe si insinua la criminalità organizzata, con il peso dei suoi interessi e con le vischiosità che si estendono al contesto politico.
Ci troviamo di fronte ancora oggi alla necessità di chiudere il cerchio della gestione integrata dei rifiuti in Campania. Lo dobbiamo fare per non continuare a sprecare risorse nel pagamento della multa all’Europa, lo dobbiamo fare per non continuare a esportare rifiuti a costi esorbitanti, lo dobbiamo fare per evitare di continuare a vivere in una costante emergenza rifiuti che dura ormai, senza alcuna capacità di decidere, ormai da quasi quarant’anni.
Esiste una alternativa. Non fare nulla, continuare a pagare 120.000 euro al giorno di multa, esportare una parte rilevante dei nostri rifiuti a costi esorbitanti, lasciare le nostre strade sommerse di rifiuti. È solo – in fondo – una questione di scelta. Basta che ne siamo tutti consapevoli.