Cominciamo da Stefano Messina, recentemente confermato alla presidenza di Assarmatori. In occasione della sua rielezione ha dichiarato: “La transizione ecologica, per il settore marittimo ma anche per tutto il mondo del trasporto e della logistica, rischia di essere solo un’operazione mediatica se gli obiettivi non saranno tarati sulle tecnologie effettivamente disponibili”. Gli armatori chiedono che vengano concretamente individuate le soluzioni energetiche attivabili nel comparto per avviare la conseguente produzione su larga scala di carburanti puliti e costruire le relative infrastrutture di distribuzione e stoccaggio degli stessi, incentivando parallelamente il rinnovo delle flotte o il loro adeguamento all’uso dei nuovi fuel ecologici. “Fissare gli obiettivi senza tenere conto delle tecnologie disponibili – ha proseguito Messina – è solo un’operazione mediatica. E stabilire penalizzazioni fiscali in assenza di alternative all’uso dei carburanti fossili, servirebbe solo ad alzare i costi del trasporto, senza alcuna contropartita per la collettività e per l’ambiente”.
Proseguiamo con Alessandro Santi, presidente di Federagenti. Lo scorso gennaio ha lanciato un vero e proprio j’accuse contro le politiche di pseudo sostenibilità ambientale. “Le legittime posizioni ambientaliste, che hanno avuto il merito di portare il green deal al primo punto di attenzione dei governi del mondo, – ha affermato – sono purtroppo diventate spesso una spinta per azioni politiche disattente alla sostanza e appunto guidate da facili populismi o consensi. E ciò sta purtroppo accadendo in Italia per quella che è la principale e più concreta ‘risorsa’ nella quale attuare politiche serie di transizione ecologica: il mare”. Si riferisce ad una brusca retromarcia del Governo italiano (e non solo) in materia di gas naturale (non disponibile), di combustibili fossili (da riutilizzare) e energia nucleare. Bisognerebbe investire in portualità e logistica consentendo di effettuare i dragaggi dei fondali, senza i quali, i principali scali marittimi finirebbero per risultare, “all’insegna di un ambientalismo miope”, impraticabili per gran parte delle navi.
Concludiamo con Alberto Rossi, Segretario Generale di Assarmatori. Durante la sua audizione di qualche giorno fa presso il Dipartimento Politiche Europee della Presidenza del Consiglio, ha giudicato intempestive le misure UE per decarbonizzare lo shipping. In particolare, le misure proposte nel pacchetto “Fit for 55” sarebbero intempestive rispetto alle disponibilità su larga scala di combustibili atti a soddisfare la transizione energetica e comporterebbero un insostenibile incremento dei costi del trasporto. Inoltre, l’alterazione del level playing field potrebbe portare ad una drastica riduzione della competitività dei porti nazionali con il rischio di delocalizzazione dei traffici a beneficio dei porti del nord Africa. In buona sostanza, l’obiettivo di ridurre del 55% entro il 2030 le emissioni di GHG e raggiungere la carbon neutrality nel 2050 non sarebbe sostenibile. Idrogeno e ammoniaca non sarebbero alternative immediatamente praticabili e soltanto il 12% delle navi in costruzione a livello mondiale prevederebbe motorizzazioni con dual-fuel, con un secondo fuel che nella maggior parte dei casi è il GNL. Quindi, per cortesia, niente sanzioni o eliminazione dell’esenzione sulle accise.