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L’Editoriale. Omaggio a Domenico Rea

by Pasquale Cuofano
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L’8 Settembre 1921 nasceva a Napoli Domenico Rea, uno degli scrittori che ha rappresentato nelle sue opere la vita e le tradizioni dell’Agro Nocerino Sarnese. L’emergenza da pandemia Covid-19 non ha impedito di ricordare in forma solenne il centenario dalla sua nascita ed offrire il giusto tributo ad un intellettuale libero e fuori da schemi precostituiti. Fu apprezzato ma anche disprezzato per il suo modo di essere sopra le righe, per la sua eleganza affettata, per i modi bruschi con cui si rivolgeva alle persone. Nel 1924 nell’età dell’infanzia si trasferì nell’amata/odiata Nocera, luogo di origine del padre Giuseppe, ex carabiniere, e per il lavoro della madre che era ostetrica. A Nocera Inferiore trascorre la sua adolescenza, la giovinezza, gli studi, la cittadina diventa lo spazio dell’anima e della memoria, il teatro di strada dove si svolgono con vigorosa immediatezza passioni, furori, speranze. Gli stili di vita sono da Medio-Evo, con la semplice drammatica durezza feudale. Come in un grosso ventre allignano malattie, miseria, personaggi che sembrano usciti dalle viscere della terra. L’Autore fu ostinatamente attaccato a questa vita, quasi ferocemente, una fedeltà che confermava il suo bisogno di narrare, in un’efficace mescolanza, alto e basso, umile e sublime, miseria e nobiltà. Fu per questo che si avvicinò alla lettura e sotto la guida del frate francescano Angelo Iovino scrisse il suo primo testo narrativo. Appena diciassettenne partecipa ad un concorso letterario bandito dalla rivista “Omnibus”, diretta da Leo Longanesi, con il racconto “E’ Nato”, grazie anche ai suoi mentori il direttore dell’Ospedale psichiatrico di Nocera Inferiore, Marco Levi Bianchini, lo scultore Luigi Grosso, Pasquale Lamanna docente al liceo classico di Castellammare. All’attività letteraria si affiancò ben presto anche quella giornalistica insieme a scrittori come Raffaele la Capria, Antonio Ghirelli e Annamaria Ortese. La sua collaborazione con i giornali locali lo vede attento e partecipe osservatore della sua città. Milano, però, diventa nel 1945 il luogo di formazione per eccellenza dove conoscerà Quasimodo, Montale, Carlo Bo, Carlo Emilio Gadda e dove prenderà forma “Spaccanapoli” dopo l’incontro con Arnoldo Mondatori e suo figlio Alberto; una serie di racconti che concluderà e pubblicherà al suo ritorno a Nocera e dopo essere guarito dal vaiolo. A questo libro seguirà “Formicole rosse” e “Gesù fate luce”.

La scrittura di Rea diventa unica e come scrisse Calvino “lui era più avanti”. Tanto nel vedere in Napoli splendori e degrado e farli vivere insieme in una prosa cruda e barocca, teatrale, comica e drammatica, con una lingua presa da un modo popolare di parlare ma nello stesso tempo con la bellezza dei narratori del Trecento. Nel 1968 anche Mario Soldati volle intervistarlo, nel corso di Nocera, non lontano dalla Sede dei Combattenti. Così si svolge tutta l’opera narrativa, poetica e giornalista, fra riconoscimenti e critiche, alti e bassi, che lo fanno diventare un “personaggio”.

L’amore per la scrittura è testimoniato dal grosso archivio all’Università di Pavia da dove emerge la figura di una personalità complessa, spirituale ma anche viva e carnale, peccaminosa. Ma è nel 1992 che scoppia “il caso Rea” con il romanzo della maturità, “Ninfa plebea”, il più inspiegabile dei suoi scritti, nato in una torrida giornata estiva “Sfastriosa” (fastidiosa, annoiata), opera accompagnata da molto clamore. E’ da considerare un dono votivo a tutta la Valle del Sarno, a Nofi, la sua Nocera: è l’esaltazione degli umili, per il loro riscatto e la loro laica redenzione. Nel ricordo si muovono i personaggi di allora, i protagonisti dei suoi scritti, animatori di uno sfondo sempre riscritto, sempre più ricco di particolari, nella chiara scrittura del ricordo, in una Nocera mai dimenticata, mai perduta. Rea esalta il miscuglio degli odori intensi delle vie, acri, dolci, odori di persone, di bestie, di cucine di case. Ed è soprattutto l’odore delle cucine che riportano a tavole di festa, imbandite con cura, con la sapienza delle massaie di allora che si muovevano tra pentole di argilla e di rame. Odori di “tiani”, di ragù corposi fatti di carne e San Marzano, di salami, ricotta, uova fresche, pane e sugna, maruzze, struffoli e zeppole. Odori di latte ed orzo, di caffè, profumi semplici che si contrappongono a quelli dei ricchi. Rea celebra le bancarelle a Montalbino, la “mpupata”di Materdomini, l’anguria e le maruzzelle, i lupini e “ u’per’e u’musso ”, feste religiose e valori di tradizione. I toselli, le nottate di” tammurriate”, la messa all’alba, la gioia, l’allegria e la speranza di chi è spesso dimenticato.

Nel romanzo “Ninfa plebea” rivivono posti antichi di Nocera, vecchie strade che hanno assunto oggi volti diversi: la bettola della vedova Moschella con il suo vino Asprino, le vecchie fabbriche conserviere con il loro odore di pomodoro, il rito della Madonna dell’Arco celebrato nella cantina “addo’ o’ Zuoppo” con provolone, pane di granone, salame napoletano con il pepe, baccalà, finocchi e carciofi mammarelle. Un mondo antico fatto di culto della famiglia, di ospitalità, di amicizia e amore. La critica accoglie il romanzo con entusiasmo, l’Autore raccoglie il meritato successo, ma come in tutti i drammi la felicità non dura a lungo: nella notte del 26 Gennaio del 1994, muore a Napoli colpito da un ictus. E’ sepolto nel cimitero di Nocera nella cappella di famiglia di Giuseppe Angrisani, suo amico d’infanzia.

In anni recenti a Nocera Inferiore è stata intitolata all’Autore una Strada e l’Istituto Alberghiero. Nella ricorrenza del centenario dalla nascita l’Amministrazione Torquato ha posto una lapide in via Francesco Lanzara n.3, dove visse l’Autore, e firmato un protocollo d’Intesa per l’attività di promozione culturale sulla figura dello scrittore e giornalista tra i comuni di Nocera Inferiore, Sarno, la Provincia di Salerno e il Dipartimento di scienze umane dell’Università degli studi di Salerno. Per fare conoscere al grande pubblico e soprattutto alle nuove generazioni la variegata produzione letteraria di Rea sono stati organizzati una serie di convegni ed iniziative culturali. Una mostra fotografica dedicata a Rea con foto inedite rese disponibili dalla figlia Lucia, curata dall’APS il Didrammo e coordinata da Nicla Iacovino, direttrice emerita della Biblioteca comunale di Nocera Inferiore. Tra le iniziative un concerto dell’Orchestra mandolinistica napoletana per rievocare suoni e colori della tradizione culturale locale e campana, carissima a Rea.

Il Ministero della Cultura ha istituito il “Comitato nazionale per le celebrazioni del centenario di Domenico Rea” con Decreto ministeriale n.220 del 17 giugno 2021 , con l’obiettivo di riportare al centro del dibattito storico-critico e filologico la produzione letteraria di Rea e  della generazione meridionale dell’epoca ed è composto da professori universitari ed esponenti del mondo della cultura e del giornalismo italiano, vi partecipa la figlia di Rea Lucia e Vincenzo Salerno docente di Storia della letteratura italiana all’Università di Salerno . A presiederlo è Pasquale Sabbatino ordinario di Letteratura italiana alla Federico II di Napoli.

Un omaggio doveroso per le pagine di rara bellezza dello scrittore e giornalista che tramandano fatti, luoghi e personaggi antichi, tipici, da non dimenticare. Domenico Rea, di fatto, è figlio di questa terra di cui ha divulgato la cultura e le tradizioni, l’intellettuale che con passione ed impegno sociale è stato voce ed espressione del popolo dell’Agro.