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Hallyu, l’onda coreana

by Piera De Prosperis
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Hallyu (lett. “flusso/onda della Corea”, anche nota come Korean Wave, “onda coreana”) è un neologismo che indica l’incremento della popolarità globale della cultura sudcoreana a partire dagli anni Novanta. Essa è, però, diventata un fenomeno globale agli inizi del XXI secolo. Facciamo qualche esempio. Nel 2012 il video musicale Gangnam Style di Psy ha superato il miliardo di visualizzazioni, diventando un tormentone virale con il suo motivetto orecchiabile e annesso, facile, balletto. Nel 2019 Bong Joon-ho, attore sudcoreano, regista, produttore, produttore esecutivo, scrittore, sceneggiatore, riceve il premio Oscar per la miglior sceneggiatura e miglior regia per il film Parasite, in cui si racconta l’infiltrarsi dei poveri nella vita quotidiana dei ricchi, alla maniera di un parassita che entra nel sangue. Il tema è la lotta di classe, tuttavia essa è raccontata senza ideologie, ammiccando alla gloriosa commedia all’italiana di Sordi e Manfredi.

E veniamo al più recente Squid Game, letteralmente Il gioco del calamaro, una serie televisiva distribuita da Netflix. Il protagonista è un quarantenne che vive ancora a casa con la madre e le ruba i soldi per puntare su corse di cavalli e scommesse. Sommerso dai debiti, si convince a partecipare a un gioco misterioso: uno sconosciuto gli ha promesso guadagni facili e consegnato un biglietto da visita con un numero di telefono e dei simboli che ricordano quelli della Playstation. Una volta dato il proprio consenso, viene drogato e portato in un luogo sconosciuto dove ci sono altre 455 persone indebitate e disperate come lui. Dovranno sfidarsi a una serie di giochi per bambini, come tiro alla fune e Un, due, tre stella. Solo che chi sbaglia qui viene ucciso senza pietà. Tuttavia la posta in gioco è un’altissima cifra che potrebbe risolvere tutti i problemi economici dei giocatori.

Cosa c’è alla base dell’Hallyu, perché queste produzioni sembrano così moderne e diverse rispetto alla polverosa cultura occidentale? Cominciamo col dire che i prodotti sono avvincenti, tecnologicamente sofisticati e ideologicamente attenti all’introspezione. Solo operazione di marketing? Il Ministero della cultura sudcoreano fin dal 1995 ha puntato sul settore dei media, incoraggiando molti investitori ad espandersi nel settore cinematografico e mediatico. La cultura come prodotto da esportare, come la Hyundai. Senza remore o pregiudizi, senza sovrastrutture ideologiche ma pensando al mercato e soprattutto ad un target ampio, quello dei fruitori delle piattaforme, con incursioni anche nel più accademico e paludato mondo del cinema.

Un proverbio sudcoreano dice: le parole anche se non hanno gambe viaggiano per mille miglia.

Le loro parole fatte di suoni, immagini, giochi ci stanno consegnando il trailer di un popolo con una forte settorializzazione sociale, in cui il riscatto delle classi meno abbienti è difficile e impervio, in cui la differenza di genere è una realtà, in cui la corsa all’acquisto di beni quali auto, cellulari, vestiti è frenetica. Concetti non nuovi, purtroppo, ma espressi in maniera sicuramente nuova con una grammatica comunicativa facile e veloce, quella dei videogiochi per intenderci. Uno spettatore, specie giovane, può trovare riprodotto sotto forma di serie filmica o di video, un serbatoio di immagini a cui già è abituato per la frequentazione di videogame e che non lo costringe ad ulteriori sforzi di comprensione. Del resto in Corea del Sud sono disseminate enormi sale di videogiochi. Mentre gli stadi ospitano epiche battaglie virtuali tra abilissimi giocatori.

La loro carta vincente è la raffinata tecnologia e la semplificazione dei concetti. Ciò non toglie che conoscere davvero quel mondo, frequentandolo in maniera più diretta, curiosa e rispettosa, mediante la lettura della loro letteratura o la comprensione del confucianesimo o anche magari visitandolo, deve essere un’esperienza unica e sorprendente. Dovrebbe affascinarci più la loro diversità che l’immagine globalizzata e globalizzante di cui appaiono portatori.

Sta di fatto che l’Hallyu impazza e la Corea ha conquistato il mercato e le nostre serate in tv!