Quanto accaduto sabato scorso a Roma e, in maniera meno eclatante, in altre città è la prova lampante di quanto la mia generazione – sono uno dei nati nel decennio del secondo dopoguerra – sia estromessa dai flussi di comunicazione ergo estranea alle coscienze contemporanee. Parlo della mia generazione nel suo insieme, pur consapevole che alcuni anziani sono viceversa in piena sintonia con i tempi, spadroneggiano sui social e sono riconosciuti come maître à penser dalle generazioni dell’oggi.
Sono pochi, però. La gran parte di noi non riesce ad entrare in collegamento con i flussi della comunicazione reale oggi operante.
Solo l’altra domenica si erano svolte le elezioni amministrative che avevano interessato circa dieci milioni di elettori, tra i quali quelli delle città più rilevanti d’Italia. L’affluenza era stata modesta, intorno al 50%, pur trattandosi della scelta dei sindaci, tradizionalmente più coinvolgente rispetto ad altre competizioni. In alcune città si erano presentate anche alcune sigle di no-vax e no-green pass, con esiti da prefisso telefonico.
I commentatori più accreditati in Italia, pressoché tutti anagraficamente stagionati – tra questi ultimi e non tra gli accreditati anche chi qui scrive – si erano quindi affannati a parlare di disaffezione dalla politica, di mancata offerta politica rispetto alla domanda, di flussi elettorali in movimento ed in pausa di riflessione. Tutt’al più si era arrivati a sostenere che in fondo una così massiccia astensione è lo specchio di una società opulenta e soddisfatta dello status quo.
Qualcuno tra i più avveduti aveva però avvertito: attenzione, dietro questo sciopero del voto – il riferimento a La Grève des electeurs di Octave Mirbeau è tutt’altro che casuale – c’è un fermento sotterraneo che ribolle. Non è disaffezione dalla politica, ma espressione di un’altra politica, antagonista ed anti-istituzionale. Avevano ragione.
Solo una settimana dopo diecimila no-vax e no-green pass si sono ritrovati a piazza del Popolo a Roma, altre migliaia in altre piazze d’Italia. I comizianti strillavano e inveivano contro il governo, il parlamento, i partiti, i sindacati, la scienza ed i medici. Denunziavano un – per me misterioso – complotto liberticida. Hanno quindi assaltato la sede della CGIL e il Pronto Soccorso dell’Umberto I, provando a farlo con Palazzo Chigi e Montecitorio, senza però averne la forza. Tra loro alcuni dirigenti nazionali di Forza Nuova, oggi opportunamente incarcerati.
Subito si è gridato al fascismo. Un paio di giorni dopo però, a Milano sono stati i Cobas e l’estrema sinistra a tentare l’assalto alla Camera del Lavoro. Insomma, quanto sta emergendo è un mix di neofascismo, antagonismo no-global, anarco-sindacalismo e ribellismo populista. Sì, qualcosa di molto simile al fascismo di Piazza San Sepolcro di un secolo fa. Le analogie con quegli anni sono impressionanti. C’è tutto, anche la pandemia, allora la spagnola oggi il Covid. Mancano i morti della Grande Guerra, la Rivoluzione russa e la Vittoria mutilata a Versailles. Dettagli che cambiano la scena.