In questi ultimi giorni, su vari giornali d’area e di ambito territoriale più vasto, il fiume Sarno ha attirato l’attenzione di giornalisti e lettori, ritornando alla ribalta della cronaca. La musica in verità è sempre la stessa, purtroppo, e risale sostanzialmente a parecchi decenni or sono. Da quando il Sarno è noto come il fiume più inquinato del Mediterraneo, anzi, il fiume più inquinato d’Europa. O anche, più recentemente, come il fiume secondo soltanto a qualche via d’acqua cinese per veleni trasportati in rapporto alla sua portata d’acqua.
Il problema principale deriva dal fatto che il fiume, lungo appena 24 chilometri, insieme ai torrenti/affluenti Solofrana e Cavaiola, attraversa tre Province campane: Napoli, Salerno e Avellino e ben trentanove Comuni appartenenti in misura varia alle tre province. L’emergenza ambientale – perché quella del Sarno è una vera e propria emergenza – interessa e coinvolge una popolazione che va ormai verso il milione di abitanti campani. Normalmente è proprio l’estate, infatti, il periodo più capace di attirare sul Fiume l’attenzione di giornali e social. E’ nella stagione estiva che si verifica il susseguirsi di ondate di vario colore, dal marrone escrementale che prevale sul verde cupo e spento “normale” delle acque moribonde, anzi morte, nella quindicina di chilometri del tratto finale del fiume.
Pochi giorni fa poi si è avuta fortissima diffusione dell’allarme sociale – connesso al suo eccessivo e visibile inquinamento – sviluppatosi attraverso i messaggi che si accumulavano sul Web. E stata questa la molla, anche emotiva, che ha spinto il Sindaco di Scafati, Cristoforo Salvati, a convocare una riunione urgente, mentre sui social ci si scambiava le foto dell’onda di colore fecale in cui si specchiava in quei giorni assolati di agosto 2021 il Municipio di Scafati, già Palazzo Meyer, con l’annessa Villa Comunale con vista sul Sarno trasformato in cloaca massima. Il Sarno è una emergenza nazionale e come tale va trattata. Queste le parole del Sindaco Salvati. Purtroppo non nuove, anche se vere.
Intanto, nei giorni successivi, la grande ondata marrone rosato si è trasformata in una lunga scia di marrone diluito nel mare antistante Castellammare di Stabia e Torre Annunziata. Questo lo spettacolo che sono costretti a vedere un giorno si e l’altro pure nella tarda stagione estiva – il periodo peggiore dell’anno – i cittadini stabiesi e torresi, ogni anno, nonostante la crisi dell’oro rosso, la cui produzione massiva si è spostata in Puglia. Gli odori miasmatici intanto invadevano le campagne a contatto con le sponde del fiume la cui acqua, prima di sboccare stancamente nel mare di Rovigliano, attraversa l’intero territorio pompeiano, nel suo ventre contadino e agricolo.
Ovviamente inutile e soltanto di facciata, anche se doveroso, l’incontro “…fra la GORI e alcuni sindaci del comprensorio stabiese, particolarmente Santa Maria la Carità e Scafati, per individuare eventuali contromisure…” Noi riprendiamo a caso le parole da uno dei tanti comunicati, a valle di altrettante vecchie e nuove riunioni. Tanto si sa che puntualmente, soprattutto in estate, il Sarno si colora a causa degli scarichi di decine di fabbriche le quali, sia pure in numero ridotto ormai, continuano l’attività conserviera, non poco spesso abusivamente nonostante gli interventi repressivi delle forze dell’ordine.
Nel tratto pompeiano il Sarno procede come una lama diritta, costeggiata sulla sinistra idraulica da una strada ottocentesca, la Via Ripuaria, frutto del “raddrizzamento” borbonico ottocentesco dell’asta fluviale, che ridusse da dodici chilometri a sette il percorso sinuoso del Sarno, da Scafati al mare. Ma proprio nel tratto pompeiano il Marna, piccolo e breve affluente della sinistra idraulica del Sarno, conferisce alle acque del fiume la mazzata finale in termini di inquinamento.
Dunque, oltre Scafati, il cui centro urbano paga lo scotto più duro, anche Pompei vede la propria, una volta fertilissima, campagna offesa dalle acque fetide e sporche del Sarno. Le stesse, sempre più inquinate, poi vanno a sporcare – è il caso di dirlo senza reticenze – i litorali di Castellammare e Torre Annunziata, che fungono da recapiti finali di micro e macroinquinanti, dividendosi il mare della foce del Sarno.
In attesa perenne del riscatto, questo è il quadro territoriale di disastro ambientale e turistico del litorale torrese/stabiese in cui ricadono i loro porti e porticcioli, vecchi e nuovi, contaminati da inquinanti visibili a occhio nudo. Ai residenti del lungo fiume pompeiano e scafatese non resta che rinserrarsi nelle case durante le afosi notti estive, che quest’ultima estate 2021 ci ha riservato senza risparmio.