Elencarne gli autori non è semplice perché i cognomi sono già di per sé complessi nella scrittura. Henning Mankell, Maj Sjöwall e Per Wahlöö, Åsa Larsson Camilla Läckberg, Jo Nesbø, Anne Holt, Karin Fossum, Peter Høeg per citarne solo alcuni tra scrittori svedesi, norvegesi e danesi che hanno contribuito alla fondazione del cosiddetto noir scandinavo. Tutto cominciò nel lontano 1992 quando Peter Høeg pubblicò Il senso di Smilla per la neve. In esso la glaciologa inuit Smilla indaga sulla morte di un bambino in un quartiere popolare di Copenhagen, inizialmente considerata una disgrazia.
Dal libro il regista Bille August trasse un film con Julia Ormond, nel ruolo di Smilla, di grande successo al botteghino. Da allora è passata molta acqua ghiacciata sotto i ponti dell’editoria. La Marsilio Editori, che già pubblicava in passato sotto la collana Farfalle romanzi di diversi autori scandinavi, a seguito del grande successo ottenuto con la trilogia Millennium di Stieg Larsson ha creato una collana, denominata Giallosvezia, dedicata alla pubblicazione di romanzi noir nordici.
Quali sono le caratteristiche del genere? Per rispondere alla domanda farò riferimento ad un testo di Maj Sjöwall e Per Wahlöö, La camera chiusa,1972 pubblicata da Sellerio nel 2010. Autori di dieci romanzi con protagonista Martin Beck, investigatore della squadra omicidi di Stoccolma, i due autori, marito e moglie nella vita, furono segnalati e suggeriti da Camilleri per la pubblicazione alla Sellerio: “Tra i padri fondatori del romanzo poliziesco contemporaneo, quello che oggi conosce tanto successo, quello cioè dove l’indagine poliziesca è solo un aspetto di un’indagine più ampia che investe tutta intera la società. Per questo motivo ho suggerito alla casa editrice Sellerio di ripubblicarli”.
Le avventure di Martin Beck si svolgono in situazioni di normale quotidianità, nei casi che affronta è possibile non solo venire a contatto con la vita della capitale svedese, conoscerne i luoghi ma anche riconoscere i meccanismi sociali ed economici che sono alla base dell’apparente opulenza del nord dell’Europa. In trasparenza, nei romanzi, vi è sempre la denuncia sociale delle disuguaglianze profonde della società svedese, le difficoltà di integrazione degli immigrati, la violenza latente che cova sotto il candido manto dei ghiacci.
Ed è forse la scoperta di quanto quel mondo lontano che nel nostro immaginario è sempre apparso perfetto, sia simile alla nostra società, di come i conflitti siano uguali, di quanto, per così dire, ogni mondo è paese, che ha generato il successo straordinario del noir di importazione. Nei lunghi silenziosi inverni scandinavi, le parole sono essenziali, i gesti lenti e metodici, la polizia arruffona e sempre priva di uomini e mezzi. In particolare in La camera chiusa, vi sono ampie digressioni sulla situazione della polizia, di come essa sia cambiata nel tempo, di come l’inefficienza la faccia da padrone, di come le statistiche vengano manipolate, di come il fascismo sia latente nella gestione della criminalità. Insomma una vera sorpresa per chi come me ha associato il nord Europa al migliore sistema di vita possibile, considerandoli paesi in cui l’armonia con la natura e con gli altri è un principio fondante.
Il fisco non sapeva nulla di Svärd. L’avevano giudicato povero e le autorità si erano accontentate di esercitare la raffinata forma di sfruttamento chiamata “Iva sugli alimentari”, una tassa che era stata introdotta per colpire in modo particolarmente duro gli elementi più sfortunati della società, quelli che già si trovavano ai margini. E siamo nella progredita, accogliente e ricca Svezia!
I casi vengono ovviamente risolti, per quanto la società sia problematica, e questo lascia nel lettore un senso di speranza, di fiducia che pochi ma onesti servitori dello stato possano proteggerci.
Insomma neve e sangue, ghiaccio e morte per un’estate da brividi.