L’articolo è la sintesi di uno scritto dell’Autore pubblicato in M. Taufer, Manipolazioni e falsificazioni nella e dell’antichità classica, Nomos Verlag, Baden Baden, 2020
Lo scenario della vicenda è Piazza Navona, la più celebre delle piazze di Roma, sorta sull’impianto dell’antico Circus Agonalis fatto costruire dall’Imperatore Domiziano nell’85-86 d.C. per lo svolgimento di competizioni ginniche.
Lo stadio aveva una lunghezza di 265 metri e una larghezza di 106 e poteva ospitare fino a 30.000 persone. Nel 228 d.C. venne fatto restaurare dall’Imperatore Alessandro Severo e a metà del IV secolo era ancora integro e funzionante, ma secoli di progressivo abbandono accompagnato dal sistematico saccheggio di marmi, travertini e murature, l’avevano ridotto a un rudere.
La rinascita della piazza nella sua forma attuale è dovuta ad Innocenzo X – Giovanni Battista Pamphilj, Papa dal 1644 al 1655 – che intendeva realizzare uno spazio urbano celebrativo della famiglia di appartenenza.
L’edificio dominante è il Palazzo Pamphilj realizzato tra il 1644 e il 1650 su progetto di Girolamo Rainaldi, una imponente costruzione al cui interno è incastonata la Chiesa di S. Agnese in Agone realizzata tra il 1653 e il 1657 su progetto di Francesco Borromini, che modificò sostanzialmente l’iniziale progetto del Rainaldi. L’impronta saliente data dal Borromini all’edificio è la facciata concava tra le due torri laterali, una soluzione progettuale spesso adottata dall’architetto per conferire all’edificio una maggiore ampiezza visuale.
Esattamente di fronte alla chiesa venne realizzata da Gian Lorenzo Bernini la Fontana dei Quattro Fiumi, un’opera monumentale che sostiene il cosiddetto Obelisco Agonale, copia di un originale egizio fatta fare dall’Imperatore Domiziano per la sua villa suburbana e poi trasportata nel 311 da Massenzio nel cosiddetto Circo di Massenzio sull’Appia Antica. Rinvenuta nel 1647 venne fatta portare nel 1651 da papa Innocenzo X a Piazza Navona.
Il gruppo scultoreo è costituito da quattro grandi statue alte circa cinque metri che rappresentano l’allegoria dei fiumi della Terra allora conosciuti: il Nilo, opera di Giacomo Antonio Fancelli, del 1650; il Rio della Plata, di Francesco Baratta, del 1651; il Danubio, di Antonio Raggi, del1650 e il Gange, di Claude Poussin, 1651.
La leggenda popolare si dipana attorno a queste due opere per confermare la rivalità tra due grandi architetti e scultori che operavano nello stesso periodo a Roma: Gian Lorenzo Bernini e Francesco Borromini, entrambe figure di eccelsa levatura artistica che hanno lasciato un segno profondo nella storia dell’architettura e della scultura del periodo barocco.
Per Borromini, sommo architetto, basta ricordare alcune delle opere più famose: S. Ivo alla Sapienza (1642-1660), S. Carlino alle Quattro Fontane (1634-1644), S. Agnese in Agone (1652-1672), L’Oratorio dei Filippini (1637-1667).
Per Bernini, sommo scultore, la Fontana del Tritone a Piazza Barberini, il Baldacchino nella Basilica di S. Pietro, La Fontana dei Fiumi e La Fontana del Moro a Piazza Navona, i gruppi scultorei della Galleria Borghese (Apollo e Dafne, David, Il ratto di Proserpina, Enea e Anchise), La Barcaccia a Piazza di Spagna, oltre al capolavoro architettonico del Colonnato di S. Pietro.
In realtà i due artisti ebbero più volte occasione di lavorare insieme, come per il Baldacchino di S. Pietro, il Palazzo Barberini e il Palazzo di Propaganda Fide, ma non è difficile immaginare che due personalità di quella levatura operando nella stessa città trovassero motivo di avere delle rivalità professionali, alle quali si aggiungevano profonde diversità di tipo caratteriale. Ed è anche comprensibile che quella rivalità possa essersi acuita al momento della elezione a Papa di Innocenzo X che per la realizzazione del suo progetto per Piazza Navona allontanò il Bernini, per decenni artista privilegiato in Vaticano, chiamando al suo posto il Borromini.
Per di più sembra che il Bernini riuscisse ad ottenere comunque l’incarico per la realizzazione della Fontana dei Fiumi grazie all’intercessione di Olimpia Maldaichini, influente cognata di Innocenzo X soprannominata la Pimpaccia, sicché l’occasione di accentuare la rivalità tra i due artisti giocando sulle due opere frontiste deve essere parsa assai ghiotta ai commentatori di turno.
In sostanza, vuole la tradizione popolare che la postura della statua del Rio della Plata, un gigante con una mano alzata protesa verso la Chiesa di S. Agnese, sia dovuta al fatto che Bernini voleva segnalare che vi era il concreto pericolo che la facciata crollasse, visto che si trattava di un’opera del Borromini.
Come abbiamo detto, il fatto che ci fosse un’accesa rivalità tra i due Maestri è fuori dubbio, ma la leggenda popolare è completamente infondata per una ragione di disarmante semplicità: la Fontana dei Fiumi è stata ultimata dal Bernini nel 1651, vale a dire due anni prima che Borromini iniziasse la costruzione della Chiesa di S. Agnese.