L’Agenzia regionale per l’ambiente della Campania è articolata in 5 Dipartimenti provinciali. Una sorta di front office dell’Arpac sul territorio. Nelle ultime settimane vi abbiamo variamente raccontato il loro lavoro e continueremo a farlo, ma i Dipartimenti sono coordinati da una Direzione tecnica che ha anche funzioni operative dirette in campo. Siamo allora andati a fare due chiacchiere con il Direttore tecnico, dott. Claudio Marro.
Come funziona la Direzione tecnica dell’Arpac?
La DT è composta da 3 Unità operative complesse. Ha funzioni di coordinamento, indirizzo e programmazione delle attività delle strutture dipartimentali e svolge direttamente alcune attività in toto o in parte. Ossia: mare, monitoraggio qualità dell’aria, coordinamento Terra dei Fuochi, analisi di rischio dei siti contaminati, ecc.
Mica poco. Partiamo dal mare.
Prima di tutto il controllo delle acque di balneazione. Dal 1° aprile al 30 settembre, la flotta dell’Unità operativa mare supporta i tecnici dei Dipartimenti che eseguono i prelievi delle acque. Poi si occupa del monitoraggio marino costiero, analizzando differenti parametri fino ad 1 miglio dalla costa, ai fini della classificazione dei corpi idrici in base allo stato chimico e allo stato ecologico. Infine, attua le attività della Marine Strategy che comprende numerose azioni quali: il monitoraggio della biodiversità, l’analisi delle microplastiche, dei rifiuti spiaggiati, delle praterie di Posidonia, del carico di nutrienti e così via.
Alcune acque sono balneabili eppure appaiono sporche.
Un’acqua limpidissima non è necessariamente un’acqua balneabile e viceversa. Ai fini della balneazione e per tutelare la salute dei bagnanti la norma prevede che vengano indagati 2 parametri microbiologici: Escherichia coli ed Enterococchi intestinali, indicatori specifici di contaminazione fecale. Oltre ai 2 parametri microbiologici ARPAC, indaga, in casi specifici (segnalazione di schiume, etc.) anche altri parametri (es. tensioattivi) per comprendere la potenziale origine.
Passiamo alla qualità dell’aria.
La DT gestisce le centraline di monitoraggio della qualità dell’aria, emette bollettini giornalieri ed attività connesse. Parliamo di 42 centraline fisse, 5 laboratori mobili e 10 centraline presso gli Stir In linea generale la situazione non è malvagia nonostante svariate criticità, come le polveri sottili a Pomigliano, S. Vitaliano, Aversa, Acerra, Casoria, legate spesso a fattori locali e specificità orografiche che non consentono il rimescolamento dell’aria. Napoli vive fra alti e bassi. Per esempio, bene la zona collinare (Capodimonte, Santobono), e più critica la zona di via Argine e Ferrovia. Poi la situazione varia anche da anno ad anno. Siamo comunque in linea con le altre grandi città. Tra i capoluoghi Avellino mostra superamenti delle PM10. In minor misura Benevento, per lo meno nel recente passato, che ha avuto qualche picco legato talvolta al traffico delle ore di punta. Ma la situazione sembra migliorare. Sappiamo però che in queste due città la conformazione a conca del territorio non aiuta.
Siti contaminati.
Abbiamo una struttura ad Agnano dove sono concentrati tre laboratori regionali. Quello che esegue le analisi delle diossine in tutte le matrici ambientali, una delle eccellenze agenziali. Il laboratorio suolo ed il laboratorio rifiuti. C’è poi una struttura tecnica che si occupa, a livello regionale, di analisi di rischio dei siti contaminati e di piani di caratterizzazioni soprattutto dei 2 SIN (siti di interesse nazionali) di Bagnoli e di Napoli Orientale.
Cosa fate sulla Terra dei Fuochi?
In stretto raccordo con le strutture territorialmente competenti, si effettuano campionamenti di terreni agricoli, di acque ad uso irriguo, sia superficiali che sotterranee, il controllo della radioattività superficiale (tramite il nostro Centro Regionale di Radioattività). In quest’attività poi ci interfacciamo con svariati Enti: Carabinieri Forestali, Asl, Università, Ispra, CRA, ISS, INGV, IZSMe, ed altri.
I controlli svolti bastano?
Potrebbero essere intensificati, ma non abbiamo sufficienti risorse e non possiamo bloccare tutte le altre attività. Quindi, dobbiamo fare di necessità virtù. D’altronde esistono problematiche anche più gravi. Per esempio, sulle aziende soggette ad Autorizzazione Integrata Ambientale non riusciamo ad effettuare tutti i controlli previsti dal Piano Regionale, soprattutto in provincia di Napoli e Salerno (meno 40%) dove sono concentrate la maggior parte delle aziende AIA. Un altro aspetto critico riguarda i Campi Elettromagnetici (CEM). Le nostre strutture territoriali sono tenute ad esprimere un parere di compatibilità elettromagnetica sui progetti di installazioni di nuove sorgenti/impianti CEM (per esempio di telefonia mobile) e ad effettuare rilievi strumentali di campo. Le istanze in questi ultimi anni sono incrementate. Lo smart working e il 5G hanno dato un’accelerazione alla quale non riusciamo a far fronte per la carenza di personale tecnico specializzato. E se il parere ARPAC non viene dato entro un certo lasso di tempo, gli impianti possono essere realizzati lo stesso. Risultato: circa il 40% delle antenne possono essere installate senza il nostro parere. La Regione ha appena stanziato per ARPAC un apposito finanziamento con il quale riusciremo a tamponare, ma solo in parte, la situazione. Ecco perché per me la Terra dei Fuochi oggi è un problema meno grave, anche perché i terreni agricoli potenzialmente più critici sono stati già indagati ed interdetti. Adesso rimangono da investigare quelli a rischio minore come stabiliti dal Gruppo di Lavoro Nazionale.
Cioè non è più un’emergenza?
Meno di altre. In ogni caso, a fronte di una maggiore domanda di controlli e monitoraggi ambientali, conseguente anche alla Pandemia durante la quale, sia pure per un periodo limitato al lockdown, alcuni indicatori ambientali sono migliorati, non c’è stato un corrispondente e proporzionale aumento di risorse. Il Direttore Generale sta cercando di coprire i vuoti di organico con i comandi e i distacchi, ma ci vorrebbe un intervento regionale strutturale.
Voltiamo pagina: Bagnoli.
A Bagnoli siamo coinvolti nei piani di caratterizzazione e nelle analisi di rischio. Trattandosi di SIN, lavoriamo in collaborazione e a supporto di Ispra, perché il procedimento è in capo al Ministero dell’ambiente, ed ogni anno seguiamo decine di istruttorie e piani di rischio, partecipando a tutte le Conferenze dei servizi.
Ecoballe.
In base ad una convenzione con la Regione, a noi spetta il controllo analitico sul 20% dei contro campioni analizzati dalle ditte incaricate dalla Regione di caratterizzare e rimuovere le balle. Circa 150 campioni già prelevati, ogni campione si riferisce a circa mille tonnellate. Finora c’è sempre stata corrispondenza fra le nostre analisi e quelle delle ditte, tranne un solo caso che stiamo approfondendo.
Fiume Sarno.
Sul Sarno collaboriamo attivamente con le Procure di Nocera, Torre Annunziata ed Avellino e con le Forze dell’ordine coinvolte. Si tratta di controlli sulle aziende per individuare eventuali scarichi abusivi o comunque non conformi. Inoltre, forniamo i dati dei nostri monitoraggi ordinari sui fiumi dell’intero bacino. Da queste indagini emerge si una contaminazione di tipo industriale, ma soprattutto di origine fecale da scarichi civili. Quindi le Procure hanno inteso innanzitutto verificare le inadempienze relative al completamento delle reti fognarie. In merito agli scarichi industriali abusivi, oltre ai controlli servirebbero maggiori sanzioni. Una multa, magari inferiore al costo di una corretta depurazione, non risolve il problema. Bisognerebbe chiudere le aziende che inquinano e creano danni ambientali anche perché falsano le condizioni di concorrenza con le aziende oneste che investono per la tutela dell’ambiente.
In conclusione, quali sono i territori nei quali l’Arpac ha più problemi?
Quelli di Napoli e Caserta, dove esistono molte realtà produttive i cui impianti vanno controllati frequentemente e c’è una forte domanda di collaborazione da parte delle Autorità giudiziarie. Spesso si devono addirittura tralasciare i compiti ordinari. Ma, nel giro di pochissimo tempo, questo problema si estenderà ad Avellino, a Benevento e anche a Salerno (dove le reti di monitoraggio della qualità dei corpi idrici sotterranei e superficiali è più fitta) se non si attiva un processo di reclutamento di tecnici giovani, motivati e preparati, per affrontare le imminenti sfide connesse anche con la transizione ecologica e con i finanziamenti europei.