Il 30 aprile scade il termine per la presentazione alla Commissione UE del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, requisito essenziale per accedere ai fondi messi a disposizione dall’Europa attraverso il Next Generation EU. Del totale di circa 750 Miliardi di euro, oltre 220 toccherebbero all’Italia che al tavolo delle trattative europee sul Recovery Fund si è conquistata la fetta più grande della “torta”.
Il Consiglio dei Ministri, che ha fatto slittare più volte la convocazione, è alle prese con la stesura finale del documento che, a quanto pare, necessita di importanti aggiustamenti per non rischiare di non superare il voto del Parlamento. Le indiscrezioni trapelate parlano di un PNRR che non prevede il rinnovo del Superbonus 110% per il 2023 ed il blocco di quota 100 per le pensioni dal 2022, oltre a diverse misure più o meno in linea con le indicazioni che, pure nei passati Governi, le forze politiche proponevano in un’ottica di riforma della Pubblica Amministrazione e di investimenti orientati in gran parte verso la “famigerata” transizione ecologica, che non vediamo l’ora prenda forme concrete.
Certo è che, se a gennaio tutta la stampa all’unanimità invocava di fare in fretta in quanto rispetto alla data del 30 aprile eravamo in gravissimo ritardo, al 25 aprile non avere neanche un testo definitivo nelle mani delle forze politiche che dovrebbero approvarlo, e sentire ultimatum da parte di gruppi di maggioranza che chiedono modifiche importanti quali “conditio sine qua non” non è per nulla rassicurante.
Intanto dal 26 aprile quasi tutt’Italia è gialla e nonostante il numero dei contagi, ma soprattutto dei decessi, fa fatica a diminuire, si tenta un ritorno alla normalità. Di normale in realtà in questo momento c’è ben poco ma l’Italia è guidata dalle mani migliori. Così ci dicono da ormai 4 mesi, all’unanimità, forze politiche ed osservatori da più parti.
A quanto pare a Mario Draghi si può consentire pure qualche ritardo … e non solo alle conferenze stampa!