Con un Decreto Ministeriale risalente al 9 aprile 2016, il Ministro pro tempore Dario Franceschini definì i confini del parco Archeologico di Pompei insieme a confini e competenze di molti altri siti monumentali di Italia.
Il fatto suscitò dissensi molto più numerosi e forti dei consensi. Nell’occasione Massimo Osanna si schierò con Franceschini, nonostante un forte dimensionamento territoriale dell’area della Parco, che vede ad esempio la stessa Pompei divisa tra due Soprintendenze diverse, come pure altri comuni che entrano nel Parco con minime porzioni di territorio, componendo un puzzle cervellotico, territorialmente squilibrato.
Ma Franceschini, da politico esperto e da navigato ex Dc, all’occorrenza fa propria la massima di Belzebù Andreotti: il potere logora chi non ce l’ha. E così, da parlamentare d’area cattolica di seconda generazione nella rossa Ferrara, si è tenuto stretto il Ministero dei beni e le attività culturali, che rimpolpò poi con il turismo. Egli ha saputo poi digerire con classe anche la perdita del Ministero del Turismo che ha ceduto – bongré o malgré non lo sapremo mai – in esito alle accorte distribuzioni di poteri equivalenti, garantite a destra e a manca da Draghi.
Così facendo, Franceschini comunque è divenuto recentemente il più longevo Ministro della Repubblica, dopo avere percorso un’ampia parabola di più legislature e svariati governi, ben quattro, da Ministro della Repubblica. Un record il suo che vanta oltre millesettecento giorni in carica da ministro, gran parte dei quali vissuti come Ministro per i Beni Culturali. In poche parole, dalla nascita della Repubblica nessun Ministro può vantare un cursus altrettanto lungo ai vertici del potere esecutivo.
Se però – alla fine del suo percorso di guida politica del dicastero – i Beni Culturali stiano meglio dopo la cura Franceschini non si sa, stando agli addetti ai lavori nettamente divisi sul giudizio da dare al suo operato. Ma, se il micromondo è la proiezione del macromondo, noi – guardando per esempio a Pompei e al territorio vesuviano – abbiamo di che preoccuparci. Ed entriamo ora in medias res.
L’oggetto di questo articolo è Pompei o, meglio, il suo Parco archeologico. Partiamo dalla Relazione conclusiva dell’indagine su “Il Grande Progetto Pompei”, in sigla GPP, approvata dalla Sezione Centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato della Corte dei conti, con la delibera n. 8/2021/G. Stando alla Relazione dei magistrati contabili, il Grande Progetto Pompei si è chiuso positivamente, anche se con ritardi. Comunque, aggiunge la Corte: i ritardi sono giustificabili con le situazioni locali. Ed infatti rispetto al triennio previsto dalla UE, il parco Archeologico di Pompei è stato guidato da Osanna fino al completamento dei lavori. Ma in un quinquennio, rispetto al triennio inizialmente previsto.
C’è chi fa notare – segnando punti a favore di Osanna – che Pompei è stata alla ribalta delle TV di mezzo mondo, con scoperte a raffica. Ma accortamente preparate e divulgate poi a tempo debito, segnalano polemicamente numerosi addetti ai lavori. Noi abbiamo in più occasioni criticato un tal tipo di gestione per spot in TV, ma perché era sotto i nostri occhi l’abbandono del territorio a se stesso, cui si aggiungeva la lentezza dell’azione operativa quotidiana degli Uffici. Il nuovo arrivato Zuchtriegel anche a questo dovrà porre rimedio.
Altro punto dolente è stata qualche iniziativa “edilizia” di troppo, come nel caso di Porta di Stabia e Via Villa dei Misteri a Pompei e di Oplonti a Torre Annunziata. Di questi tre casi quello decisamente più eclatante riguarda la Palazzina per gli Uffici del parco. Una palazzina costruita nella pineta demaniale pompeiana a un passo dalla Porta di Stabia e “dentro” il panorama storicizzato di Pompei con la via consolare murattiana per le Calabrie, oggi viale San Paolino, di epoca ottocentesca. Di tale oggettivo scivolone gestionale fummo fin dall’inizio tra gli avversari. Un gruppo di senatori del comprensorio nell’anno 2016 rivolse proteste e interrogazioni al Ministro Franceschini nella speranza di far bloccare l’opera. Ma inutilmente, nonostante la pressione mediatica. Non emerge però dagli atti del Portale della Trasparenza – oggi inaccessibile – la soluzione adottata per portare l’opera a compimento e al relativo collaudo, stante la vigenza sul sito d’opera del Piano Paesistico del paesi vesuviani, con il vincolo di protezione integrale di Zona P.I.
Al successore Zuchtriegel, insomma, Osanna lascia una eredità pesante. La stessa Corte dei Conti inoltre ha sottolineato che non è positivo il Bilancio delle attività messe in cantiere per la Buffer zone, la quale marca gravi ritardi.
Il GPP ha comportato una spesa di circa novantasei milioni e mezzo di euro, a fronte di uno stanziamento previsto di centocinque. Ma non si sa ancora il destino della Buffer zone. I numeri forniti finora li abbiamo desunti dalla Relazione della Corte dei conti, visto che il Portale della trasparenza ancora una volta non ci ha confortati. Ci è successo anche in passato. Oggi poi esso risulta tranquillamente chiuso e non consente l’accesso a chi voglia “navigare” nel GPP e negli sviluppi del Piano di Gestione Unesco. Anche questo eredita Zuchtriegel.