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Il nuovo libro di Pietro Spirito sulla portualità italiana

by Flavio Cioffi
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Pietro Spirito

Il futuro dei sistemi portuali italiani. Governance, spazi marittimi, lavoro”. E’ il titolo dell’ultimo libro di Pietro Spirito che uscirà tra due settimane, edito da Guida Editori.

Gli addetti ai lavori conoscono bene Spirito, non solo perché è stato Presidente dell’AdSP del Mar Tirreno Centrale (Napoli, Salerno e Castellammare di Stabia) fino ad un paio di mesi fa o per essere attualmente docente dell’Universitas Mercatorum e dirigente del CUS Napoli, ma per tutto il suo excursus professionale: Invitalia, Ferrovie dello Stato, Atac, Interporto di Bologna, Fondazione Telethon, Consob, Tagliacarne, Montedison. Un’esperienza che gli consente di offrire una lettura attenta ed articolata di un fenomeno tanto complesso quanto fondamentale come quello dell’economia del mare e della logistica, inquadrato in un contesto analitico più ampio (normativo, storico, geopolitico, economico-produttivo), calato nelle realtà portuali (con particolare attenzione a quelle campane) e declinato in un’ottica prospettica e propositiva.

Il libro, dopo la prefazione di Raffaella Paita, Presidente della Commissione trasporti, poste e telecomunicazioni della Camera, si sviluppa in un’introduzione e tre capitoli: lo scenario strategico delle attività marittime; le regole di funzionamento dei sistemi portuali; l’evoluzione marittima europea: lo sviluppo dei nodi integrati e intermodali; lo scenario delle trasformazioni nel lavoro portuale marittimo. A loro volta articolati in 25 paragrafi. Un’impostazione pragmatica che agevola la lettura o anche la sola consultazione del testo. Una specifica notazione meritano le frequenti citazioni inserite quasi naturalmente nel discorso, come nello stile consueto dell’Autore, che non rappresentano solo un arricchimento bibliografico ma offrono un contributo di analisi e di dati alla trattazione, senza mai appesantirla ed anzi suscitando interesse e curiosità.

Proviamo a sintetizzare quella che a noi è sembrata la tesi di fondo del lavoro di Spirito. “L’economia contemporanea è caratterizzata da una radicale discontinuità nei meccanismi di funzionamento … i cicli durano sempre meno” il che rende indispensabile una “visione strategica” che consenta interventi di governo dei processi. “I sistemi portuali, ed i collegamenti marittimi, consentono di provare a leggere i cambiamenti” assumendo “il mare come angolo visuale”. Quindi vanno affrontati i “tre snodi della questione portuale”, ossia appunto: le regole, l’evoluzione e il lavoro, “che costituisce la carne viva delle attività che si svolgono negli scali”, una definizione che ci è piaciuta molto e che forse indica la cifra filosofica della trattazione.

Il discorso sulle regole è di ampio respiro e tocca una pluralità di temi interconnessi, offrendo da un lato esempi analitici calati sul territorio e, dall’altro, proponendo possibili risposte concrete. Particolarmente incisivi gli esempi che, nel caso napoletano, appaiono quasi un richiamo a chi (pur non esplicitamente citato ma chiaramente riconoscibile) non avrebbe saputo/voluto farsi carico delle problematiche esistenti. Ficcanti e chiaramente meritevoli di dibattito (peraltro già in corso per certi aspetti) le proposte, soprattutto in ordine ai modelli di governance.

Gradevole e completo, anche se forse un filo divulgativo, l’inquadramento storico dell’evoluzione marittima europea. Rigorosa e ricca l’analisi quando si giunge all’attualità, riuscendo a far chiaramente comprendere come si inserisca la portualità nel contesto strategico economico e geopolitico con particolare riguardo al Mediterraneo europeo e globale. Ma è probabilmente il discorso sulle strutture logistico-industriali e sull’interazione tra porto e città a colpire con maggior forza, forse per l’immediatezza della percezione dell’impatto sulla vita quotidiana.

Si giunge quindi, al termine di un percorso logico, alle trasformazioni nel lavoro portuale marittimo: digitalizzazione; nuove professionalità; trasformazioni produttive; uberizzazione e blockchain; conflittualità, flessibilità e formazione. “Come sempre accade nella storia della evoluzione economica, bisogna cavalcare l’innovazione per poter essere vincenti, sia per i lavoratori sia per gli operatori. Si vince, o si perde, assieme”. Francamente, su questa conclusione nutriamo qualche perplessità.