Appena insediato al Governo il Ministro Giovannini ha fatto modificare la denominazione del dicastero che gli è stato affidato in “Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili”.
Si tratta di un’iniziativa apprezzabile e molto enfatizzata nei commenti dei media perché significa, almeno nelle intenzioni, che la sostenibilità è un requisito che va assicurato quando ci si occupa di infrastrutture e trasporti, il che costituisce un doveroso richiamo ad un concetto – la sostenibilità – che sta entrando a far parte in modo sempre più pervasivo del patrimonio culturale del mondo civile.
Detto questo, a mio parere la novità più importante non è questa ma un’altra, vale a dire la comparsa del termine “mobilità”.
Alcuni anni fa, avendo la responsabilità del Ministero dei Trasporti, affrontai in modo netto la questione facendo inserire all’interno della Legge Finanziaria 2007 l’elaborazione del “Piano Generale della Mobilità” perché era – ed è tuttora – una questione che ha fortemente condizionato in negativo la politica dei trasporti nel nostro Paese.
Il nodo da affrontare – posto in apertura delle “Linee Guida” del PGM nella nota denominata “Per una mobilità efficiente, sicura e sostenibile”, che mi sembra ancora di grande attualità – era quello di invertire il consolidato atteggiamento a concentrare l’attenzione sulla realizzazione di opere infrastrutturali e, in subordine, sulla disponibilità di mezzi di trasporto, a discapito dell’organizzazione dei servizi.
E’ un difetto che viene da lontano, che deriva dall’incapacità di capire che il cuore del problema è la “mobilità”, che va intesa come l’esigenza di muoversi nello spazio delle persone e delle merci. Sono le persone che per motivi di lavoro, di studio, di fruizione culturale, di turismo e via dicendo, pongono l’esigenza di muoversi da un luogo ad un altro. E sono le imprese dei più disparati settori che pongono l’esigenza di spostare le merci da un luogo ad un altro.
Dunque è su queste esigenze che va costruita la politica dei trasporti, a partire da un aspetto basilare che è la conoscenza della domanda nelle sue diverse articolazioni: chi chiede di muoversi? per quale motivo? partendo da dove per andare dove? in quali tempi e con quale frequenza? con quale disponibilità di spesa?
Sembra del tutto evidente che se non si ha contezza di queste domande non vi è modo di predisporre risposte adeguate, ma in realtà così è stato fatto perché l’attenzione alla domanda – per non dire il suo sistematico rilevamento – è stata del tutto marginale. Si è andati al seguito di pressioni settoriali, e questo è il motivo per cui il trasporto su gomma e le strade hanno prevalso sul trasporto su ferro e sulle ferrovie; e si è andati al seguito di pressioni geopolitiche, e questo è il motivo per cui la connettività territoriale nel Centro-Nord ha sovrastato di gran lunga quella nel Sud, creando una frattura sempre più difficile da risanare.
Ma, come già detto, la politica dei trasporti è stata caratterizzata anche dalla separatezza tra la realizzazione di infrastrutture, la disponibilità di mezzi e la organizzazione dei servizi, il che ha minato alla base la concatenazione dei tre elementi che assicurano la mobilità.
E, infine, un altro difetto grave è stata la mancata interazione tra la politica dei trasporti e quella urbanistica e ambientale, come se avesse un senso progettare e realizzare sistemi di trasporto prescindendo dalle previsioni di assetto del territorio e di salvaguardia dell’ambiente o, al contrario, avesse un senso pianificare insediamenti urbani e dispiegare tutele ambientali a prescindere dai sistemi di trasporto.
Per coprire queste lacune di conoscenza, per ricomporre queste separatezze e per rimediare a questi errori, non vi è altra via che collocare al centro della politica dei trasporti il concetto di “mobilità”. Se questo passaggio verrà esperito allora si porranno le condizioni per riavviare il percorso, inopinatamente interrotto, di elaborazione di un “Piano Generale della Mobilità” basato su tre requisiti irrinunciabili.
Il primo è quello di assumere un orizzonte temporale di medio-lungo periodo – il 2030 è oggi il riferimento minimo – per dare senso compiuto all’atto di pianificare.
Il secondo è quello di rispettare la sequenza logica tra previsione della mobilità, pianificazione dei sistemi di trasporto e programmazione di infrastrutture, mezzi e servizi.
Il terzo è quello di garantire l’integrazione con le politiche urbanistiche e ambientali per rendere credibile l’intento di perseguire la sostenibilità, per la qual cosa sarebbe anche molto utile consultare il “Rapporto Mobilitaria Europa 2030”, che analizza la mobilità e la qualità dell’aria in 14 Città Metropolitane nei primi mesi del 2020 e formula proposte adeguate al tempo dell’epidemia.