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87 anni fa moriva Antonio Gramsci

by Bruno Gravagnuolo
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Ottantasette anni fa moriva Antonio Gramsci. Dopo un ictus. Era il 27 aprile 1937. Alla Quisisana di Roma. In libertà per fine pena da qualche giorno, per amnistie e indulti vari. Erano stati 11 anni di calvario dal 1926 e la condanna era stata di 20 anni. Altro che villeggiatura! Condizioni infami, morbo di Pott, tubercolosi ossea: Milano, Turi, a Formia piantonato, poi a Roma ai Parioli sempre con i carabinieri. Due sotto il balcone e due alla porta. Cerimonia scabra alla chiesa Valdese, cremazione e inumazione al cimitero acattolico.

Sgombriamo il campo da tutte le leggende su Gramsci pentito o liberale in mortem, o persino convertito! Ravveduto. Falso. Come già dimostrato da chi scrive su l’Unità nel 2006 contro Dario Biocca, carte e codice Rocco alla mano. Nonché dalle leggende strumentali su Togliatti che avrebbe carpito un quaderno e nascosto le sue vere idee, oppure ancora sulla volontà togliattiana di tenerlo in galera etc.

Tutte tesi a cui non solo la destra si è dedicata ma anche parte della sinistra e con mille sfumature: Lo Piparo, Canfora, Biocca, Tamburrano, solo per citarne alcuni. Anche illustri. Narrazioni smentite ormai del tutto. Gramsci infatti, che sperava in una trattativa tra Stalin e il Duce, temeva che il PC con le iniziative a suo favore, avrebbe compromesso un piano a cui in realtà né l’uno né l’altro tiranno era interessato. Di qui certi equivoci e sospetti. Si veda perciò a riguardo il fondamentale Vita e pensieri di Antonio Gramsci, Einaudi, di Giuseppe Vacca, che sulla base di nuove lettere e documenti spazza via senza polemiche tutte le illazioni in proposito.

Ecco invece la verità. Gramsci fu certo in dissenso con Ercoli e pensò senza dubbio ad una ostilità di Togliatti dopo una sua lettera non inoltrata all’Ic del 1926 a difesa della agibilità politica di Trotzky. Da cui peraltro Gramsci dissentiva radicalmente. E immaginò pure che una certa cartolina in carcere del 1928 – in cui Grieco scriveva che il partito stava facendo di tutto per lui – potesse averlo voluto scientemente danneggiare. Ma si illudeva. Non c’era alcuno spiraglio a Roma o a Mosca per trattare su eventuali scambi per liberarlo. E anzi a Mosca lo consideravano un trotzkista! Specie dopo il suo contrasto sulla svolta social fascista del 1928, alla quale tatticamente Togliatti si piegò.

Resta il fatto che, al contrario, Gramsci fu protetto come in una bolla. Aiutato in tutti i modi legalmente tramite Sraffa che obbediva a Togliatti e che governava anche Tatiana Schucht, sua confidente e appiglio. E infine i 30 Quaderni, di cui uno di indici e quattro di traduzioni, tali e tanti erano. Al contrario dei dubbi sollevati da Canfora e Lo Piparo. Che ipotizzarono sottrazioni. Mentre al contrario proprio Togliatti riuscì a metterli al sicuro. Contro i comunisti spagnoli e Evghenija Schucht, cognata stalinista di Gramsci. Prima amante di Antonio, che sposò invece la sorella Julia. I quali tutti avrebbero voluto che i Quaderni finissero negli archivi della Internazionale comunista. Cosa che grazie a Togliatti e Dimitrov non avvenne. Per fortuna!

Ecco, sgombrato il campo da tutto questo – anche a impedire che la destra usi di nuovo certe leggende per arruolare il pensatore – vanno ribadite due cose chiare e definitive. La prima: Togliatti ha salvato materialmente l’eredità teorica di Gramsci. La seconda: Gramsci fu un comunista revisionista. Fino alla fine. Eroico non solo come uomo, come diceva riduttivamente il grande Galvano della Volpe, ma eroico nel pensare.

Isoliamo solo tre sue idee “Il secolo americano”, che egli predisse come fordismo globale e persino come Jazz! Vedasi nei Quaderni Americanismo e Fordismo. Poi. Il contrasto tra Cosmopolitismo e Stato nazione, che avrebbe condotto alla guerra mondiale. Proprio come oggi, se si pensa alla contesa degli Imperi senza coesistenza pacifica mondiale. E infine, il socialismo come frutto di un partito attivo in società civile, e nella pratica parlamentare maggioranza/opposizione. Verso una società regolata e auto gestita, dove la politica democratica non escludesse il mercato partecipato. Visto che alla creazione del valore economico concorre non solo la forza lavoro operaia, ma anche la moderna divisione del lavoro che include tante altre funzioni tra produzione, circolazione e consumo. E Gramsci lo scrive con precisone affrontando nei Quaderni il tema.

Idee geniali quindi, e attuali. E occorrerebbe ricominciare proprio di qui. Da tutte queste intuizioni. In forme nuove. E ripartire come Gramsci dalla sconfitta degli anni ‘30. Nei quali Gramsci seppe vedere anche il lato moderno, sotto forma di Welfare, New Deal, populismo, cesarismo e dispotismo slavo napoleonico in URSS. Sicché Antonio Gramsci resta non solo un classico attuale del pensiero politico. Ma anche un formidabile antidoto di pensiero contro ogni regime reazionario di massa vecchio e nuovo.