Nel decennio che va dal Settembre 1860 al Settembre 1870 la Storia dei popoli della penisola italiana accelerò in modo vertiginoso portandoli tutti sotto un’unica bandiera.
In quei dieci anni cruciali l’Italia dei mille campanili e dei tanti stati e staterelli cedette il passo all’Italia postrisorgimentale, riunificata sotto un’unica bandiera tricolore che permetteva al Bel Paese di affacciarsi all’Europa come un’unica realtà protagonista, con capitale Roma. Intanto, in quel decennio impetuoso e convulso, il Regno delle due Sicilie aveva pagato il prezzo maggiore in termini di sangue versato e ingiustizie subite da chi non volle arrendersi.
L’ultimo Re Borbone, Francesco II, detto dal popolo napoletano Franceschiello, con affetto venato però di irrispettosa ironia, aveva abbandonato Napoli per rifugiarsi nella fortezza di Gaeta poco prima dell’arrivo di Giuseppe Garibaldi il 7 Settembre del 1860.
Il condottiero dei Mille era sbarcato a Marsala nel maggio dello stesso anno e aveva cominciato una vittoriosa risalita della penisola, con l’aiuto degli Inglesi che ne avevano protetto il viaggio per mare da Quarto a Marsala e la risalita dalla Calabria, attraverso la Basilicata, verso la capitale Napoli. E ciò avveniva mentre i suoi Mille diventavano diecimila, ventimila poi trentamila e più, a fronte dello squagliarsi dell’esercito borbonico, prezzolato e corrotto da agenti segreti assoldati per tempo nelle regioni meridionali da Camillo Cavour. Egli li aveva mandati avanti come agenti provocatori e corruttori delle alte gerarchie militari borboniche, scarsamente abituate alla guerra di guerriglia in cui era maestro Garibaldi che avanzò verso Napoli, di vittoria in vittoria. Inarrestabilmente.
Napoli non fu conquistata a suon di cannonate, ma dal mito – ben costruito – dell’Eroe dei due mondi. Il generale, intanto battezzato “Caribardo” dal popolo napoletano, precedette il grosso del proprio esercito – ormai composto da oltre cinquantamila soldati – viaggiando su di un treno della linea ferroviaria che era stato il vanto della monarchia borbonica. Essa era stata inaugurata con la prima tratta ferroviaria Napoli Portici, appena qualche anno prima, nel tripudio popolare. Garibaldi era salito sul treno a Torre Annunziata e il treno dovette procedere lentamente tra ali di folla festante, tant’è che poté entrare a Napoli da liberatore.
Già alla fermata del treno Garibaldi fu infatti portato in trionfo, senza alcun spargimento di sangue. Egli fu accolto dalle autorità borboniche, che fecero a gara per passare tempestivamente con il conquistatore nizzardo. Intanto, le truppe borboniche, ancora presenti a Napoli in abbondanza e acquartierate lungo il percorso trionfale dalla stazione ferroviaria al centro della città, non fecero alcuna resistenza e si arresero in breve.
Questo in sintesi l’antefatto della conquista di Napoli, seguita dopo un anno circa dalla scomparsa del Regno delle due Sicilie.
La conquista di Roma era stata intanto già preconizzata da Cavour il 27 Marzo del 1861, un mese dopo la caduta di Gaeta, nel suo discorso al parlamento Italiano. “Roma è necessaria all’Italia”, aveva detto Cavour.
Ancora una volta però fu una nazione straniera l’artefice della svolta della Storia per l’Italia. Stavolta la Francia, che presidiava Roma. Morto Cavour pochi mesi dopo, nel giugno del 1861, le trattative con la Francia di Napoleone III furono lunghe e complesse, disturbate anche dalle forti azioni di Garibaldi e di Giuseppe Mazzini, che sollevarono la “Questione Romana” in antitesi con le linee ufficiali di prudenza dei governi italiani che seguirono quello di Cavour. Nel 1870 però intervenne la guerra Franco-Prussiana a spianare la strada della presa di Roma. Napoleone III fu sconfitto più volte e infine imprigionato dai Prussiani. In Francia fu proclamata la Repubblica e la fine della dinastia napoleonica. La Francia diventò quindi neutrale rispetto alla eventuale presa di Roma da parte del Regno d’Italia. La presa di Roma divenne così possibile, nella indifferenza delle nazioni europee verso le sorti del papato.
L’ordine di attacco allo Stato Pontificio fu dato da Vittorio Emanuele II il 10 Settembre 1870. La frontiera papale fu attaccata su tre fronti e già il 15 settembre le truppe italiane erano alle porte di Roma. L’attacco alla città fu cominciato a cannonate la mattina del 20. Già alle nove si aprì una vasta breccia nelle mura aureliane vicino a Porta Pia. Un’ora dopo soltanto, alle dieci del mattino, apparve la bandiera bianca sulle mura. Alle cinque del pomeriggio Roma era stata occupata. Ogni resistenza era cessata per volontà vaticana. E così fu firmata la capitolazione dello Stato Pontificio.
E la storia d’Italia cambiò per sempre alla fine del decennio 1860-1870.