Dal 17 maggio nelle sale, Parigi a piedi nudi è il racconto spassoso e bizzarro di come, nella città più romantica al mondo, si possa trovare l’amore perdendosi.
La trama è divisa in tre quadri, ciascuno dei quali presenta i tre personaggi i cui destini tenderanno inevitabilmente ad intrecciarsi: Fiona (Fiona Gordon), una bibliotecaria canadese, Martha (Emmanuelle Riva), la zia di Fiona, e Dom (Dominique Abel), un senzatetto parigino.
L’abitudinaria vita di Fiona, stralunata bibliotecaria di un paesino sperduto fra i ghiacci canadesi, viene improvvisamente turbata da un’allarmante lettera della sua adorata zia Martha, una stravagante signora di quasi novant’anni che abita a Parigi da tempo. Fiona sale sul primo aereo per la Ville Lumiere e, una volta giunta a destinazione, scopre che la donna è misteriosamente scomparsa.
Nel tentativo di ritrovare l’anziana zia, Fiona, notoriamente goffa e sfortunata, incontra un galante clochard parigino che si innamora di lei all’istante e decide di seguirla nell’affannosa ricerca.
Passeggiando per i vicoli di una città che da sempre porta con sé aria di magia, fra tuffi nella Senna, balli improvvisati sui battelli ed innumerevoli equivoci, Parigi a Piedi nudi si presenta come una commedia divertente e leggera che regala allo spettatore un po’ di sana evasione.
Fiona Gordon e Dominique Abel, autori ed interpreti, portano il loro decennale affiatamento a teatro e al cinema (questo è il loro quinto film) per parlare anche, con la loro fisicità da cartoni animati, di temi seri come l’amore, la vecchiaia e la morte.
Facendo un uso ammirevole dei diversi tipi di comicità teatrale, che risiede soprattutto nella loro gestualità, richiamano in modo abile i divi del cinema muto scavando ancora una volta nella vena burlesca, poetica e folle già sfruttata con malizia e fantasia nei loro film precedenti.
Lo stesso Dominique Abel ha affermato, durante un’intervista, di aver seguito lo stesso percorso di Chaplin, Keaton, Tati, apprendendo e cercando di emulare la loro arte minimalista sulla scena.
Il risultato di questo genere di cinema, che mette in gioco sia l’immaginario del regista che quello dello spettatore, è il ponte effimero che si crea fra i due e che riesce a reggere grazie alla risata, alla compassione e ad a un certo sguardo sull’umanità e sul mondo attuale.
Degna di nota è l’ultima interpretazione della carriera di Emmanuelle Riva, che chiude il suo percorso con una parte davvero simpatica alla quale si finisce per voler bene proprio come ad una zia.
di Carla Lauro