Più di un lettore – dopo avere letto il mio articolo sul decennio che cambiò la storia d’Italia dal 7 Settembre 1860, arrivo di Garibaldi a Napoli al 20 Settembre 1870, Breccia di Porta Pia e presa di Roma – mi hanno scritto chiedendomi perché nell’articolo non mi ero soffermato sul Brigantaggio postunitario. Eppure, io avevo scritto che l’articolo avrebbe avuto un seguito. Per questo motivo ho dedicato questo articolo alle insorgenze legittimiste, cioè ai movimenti prima spontanei e poi organizzati contro lo stato monarchico postunitario che furono la miccia di innesco per il fenomeno antiunitario, esteso in tutto il Sud, che venne bollato con il nome di Brigantaggio, soppresso con atrocità inaudite.
D’altra parte è storia ormai nota e condivisa che l’arrivo di Giuseppe Garibaldi a Napoli fu non solo protetto dall’Inghilterra, ma anche favorito da notevoli operazioni di infiltrazione di agenti della Intelligence savoiarda, ben diretti da Torino dal Conte Camillo Benso di Cavour, i quali scesero a patti con esponenti della camorra napoletana.
Lo stesso Garibaldi arrivato a Napoli il 7 di Settembre del 1860 in treno, dopo essere partito da Torre Annunziata – sulla linea ferrata da primato italiano ed europeo inaugurata pochi anni prima – fu sorpreso dalla piega estremamente favorevole degli eventi, tant’è che scrisse così: “Accompagnato da pochi aiutanti, io passai frammezzo alle truppe borboniche ancora padrone, le quali mi presentavano l´armi con più ossequio certamente, che non lo facevano in quei tempi ai loro generali.”
Il corteo festante che lo aveva accolto alla stazione era guidato dal Prefetto di Polizia borbonico Liborio Romano il quale aveva al proprio fianco il riconosciuto capo della camorra napoletana detto “Tore ‘e Crescienzo”, al secolo Salvatore De Crescenzo. Erano suoi i picciotti che collaboravano per mantenere l’ordine pubblico e sollecitare gli applausi della folla al grido di “Evviva Caribardo”, mentre il Conquistatore di Napoli veniva accompagnato fino al palazzo Doria d’Angri allo Spirito Santo.
Questa data segnò l’inizio della fine del Regno delle due Sicilie. Ma fu anche il primo approccio alle intese tra Stato e camorra, come le vicende più torbide della storia d’Italia, anche contemporanea, ci hanno rivelato.
Intanto, gli storici risorgimentali meno allineati con la liea della retorica unitaria hanno dimostrato che nel breve periodo in cui Garibaldi fu acclamato Dittatore a Napoli alcune esponenti femminili della camorra napoletana furono destinatarie di vitalizi mensili. Tra esse una sorella di Tore e’ Crescienzo. Alcuni esponenti della camorra furono anche assoldati direttamente come funzionari di Polizia da Liborio Romano, intanto nominato nuovamente Prefetto. Insomma a Liborio Romano venne assicurata una carriera circolare: da Prefetto Borbonico a Prefetto postborbonico.
Ma la Storia volle che Napoli dai mille colori e dal milione di volti fosse successivamente riscattata agli occhi dei tanti filoborbonici – rimasti in minoranza a testimoniare a favore della Monarchia sconfitta – da un brigante. Fu Tonino ‘o Pilone, al secolo Antonio Cozzolino, vesuviano doc, sergente dell’esercito borbonico sconfitto e decorato al valor militare. Pilone nella battaglia di Calatafimi aveva infatti strappato dalle mani di un alfiere garibaldino uno stendardo dei Mille, oggi ancora conservato alla Reggia di Portici. Condannato per omicidio e datosi alla macchia, dal 1861 Pilone organizzò una banda capace di portare a termine decine di sortite e agguati vittoriosi, nel nome dell’amato Regno delle due Sicilie e del deposto Re Francesco II, con cui Pilone mantenne sempre i contatti. Pilone fu per questo cooptato nel Comitato Borbonico Generale attivato dal principe Antonio Caracciolo. Per qualche anno Pilone imperversò nell’area vesuviana incontrastato, riuscendo a rapinare con i suoi l’allora principe Umberto di Savoia. Egli sfuggì sempre alla cattura, nonostante avesse un intero battaglione che gli dava la caccia, perché aveva il popolo con sé.
Pilone trovò la morte a Napoli, il 14 Ottobre 1870, per la soffiata di un traditore nei pressi dell’Orto botanico, in Via Foria, ucciso da una quindicina di poliziotti travestiti da passanti.
Si chiuse così a Napoli il decennio che – tra il 1860 e il 1870 – cambiò l’Italia.